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Don Domenico alla festa del patrono della Polizia: «la fiducia nel bene è dire che ciascuno è responsabile e fa la differenza»

Con una messa a San Michele Arcangelo, il vescovo Domenico ha celebrato la festa del patrono della Polizia di Stato

Ha parlato dell’«angelo necessario» il vescovo Domenico ai tanti agenti in divisa convenuti nella chiesa di San Michele Arcangelo, patrono della Polizia di Stato, nella mattina del 29 settembre, giorno dei santi arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Una messa concelebrata dal cappellano provinciale della Polizia di Stato, don Fabrizio Borrello, e dal parroco di San Michele, mons. Benedetto Falcetti, alla presenza di numerose autorità civili e militari.

Il riferimento del vescovo è stato alle parole di Gesù, che dice in modo esplicito: «vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il figlio dell’uomo».

«È un’immagine che spiega cos’è la nostra fede cristiana, nella quale Dio non va concepito in uno spazio, ma va avvertito come una presenza: invisibile ma reale»ha spiegato mons. Pompili, paragonando gli angeli a «quei bagliori, quei momenti di trasalimento in cui ci sentiamo sostenuti da una mano invisibile».

Una sensazione che tutti possono sperimentare, ma che per coloro che indossano la divisa della Polizia assume un sapore speciale: «se c’è questa connessione tra il cielo e la terra – ha detto don Domenico – occorre conservare la fiducia nel valore dell’ordine, del bene e del benessere di tutti, nonostante gli insuccessi e i fallimenti che puntualmente si riscontrano».

«Non bisogna lasciarsi sedurre dalla forza del male – ha aggiunto il vescovo – anche se oggi assume forme apparentemente innocue come il relativismo (bene e male sono un’opinione di ciascuno), il pessimismo (l’idea che le cose siano inevitabili) e il vittimismo, perché conservare la fiducia nel bene, nell’ordine, nella giustizia, significa persuadersi che ciascuno ha la sua responsabilità e fa la differenza».

«Dietro ogni azione di bene, di giustizia, di ordine ripristinato, si cela qualcosa di più definitivo, di più eterno, di più profondo – ha concluso mons. Pompili – la festa di oggi ci invita a renderci conto che non siamo mai soli, che abbiamo sempre la compagnia di Dio e che questa compagnia talvolta ci si fa manifesta, proprio attraverso gli angeli: questi esseri invisibili eppure così necessari».

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Il vescovo Domenico da Assisi: «il tempo congelato dal terremoto “deve ripartire”»

“Chi è sopravvissuto sente ancora nelle ossa, nei muscoli, nelle orecchie l’eco di quella scossa interminabile. Tutto questo non si può cancellare. Ma non può e non deve essere l’ultima parola. Il tempo congelato dalle lancette, in quell’istante che si è mangiato le case e le vite, deve ripartire, diventare un tempo forte propizio alla rinascita. Ma non si rinasce da soli”

Lo ha detto monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, portando all’incontro delle religioni per la pace di Assisi la testimonianza delle popolazioni colpite dal terremoto in Centro Italia. “Accumoli, Amatrice e Arquata del Tronto – ha detto il vescovo – dopo la tragica notte in cui le lancette si sono fermate, sono completamente sfigurate. Prima le grida, poi il silenzio. Le case da culle a tombe. I luoghi di convivialità e ristoro implosi e franati, antiche chiese distrutte, preziosi affreschi in polvere. Le case degli uomini e le case del Signore, quasi niente è stato risparmiato”. “Il tempo della solidarietà – ha detto mons. Pompili – non è il tempo della notizia. Il tempo della ricostruzione è lungo, e tanti forse non vedranno rinascere Amatrice e Accumoli. Ma riusciranno ad attraversare questa desolazione, per il bene di chi verrà, se rimarranno fedeli alla loro terra, se non saranno lasciati soli; e se continueranno, come hanno fatto da subito, ad accompagnarsi e sostenersi a vicenda”.

Aiuti materiali e attenzione pastorale: gli impegni della Chiesa dopo il terremoto

Tanti i fronti aperti per la Chiesa di Rieti dopo il terremoto. Dagli aiuti materiali a persone e economia locale tramite Caritas, ai temi della pastorale

Recuperare tutti i contatti e le informazioni possibili, capire in che modo si incrociano domanda e offerta, creare un coordinamento sul territorio per facilitare la ricostruzione evitando di sovrapporre gli interventi. Sono le linee guida scaturite dall’incontro del vescovo Domenico Pompili con il gruppo operativo per il terremoto della Caritas diocesana e italiana.

Dal vertice, svolto nella mattina del 16 settembre, nella sala riunioni della curia di Rieti, è emersa la necessità della Chiesa di sviluppare progetti specifici di sostegno alle persone e all’economia delle aree terremotate, anche chiedendo un tavolo di lavoro comune con le altre forze istituzionali. L’idea è che per fare bene ciascuno deve fare la propria parte, integrando i percorsi in modo da non lasciare indietro nessuno.

«Il territorio ci coinvolge» è il tema di fondo sviluppato dagli incaricati, che hanno illustrato in che modo, su tutto il territorio interessato, si continuano a soddisfare i bisogni, cercando di decifrare le necessità, stabilendo percorsi di collaborazione e contribuendo ad armonizzare i desideri degli sfollati con le indicazioni di gestione e sicurezza.

In questa logica, sono spesso efficaci piccoli progetti puntuali, come quelli che iniziano ad essere portati avanti grazie alle donazioni di materiali e denaro ricevute fin’ora dalla Caritas diocesana.

Ad oggi sono disponibili quasi 380mila euro, 180mila dei quali provengono dalle donazioni dirette dei fedeli. Un canale ancora aperto al quale si andranno a sommare i proventi della raccolta straordinaria programmata nelle parrocchie per domenica 18 settembre dalla Conferenza Episcopale Italiana.

Il vescovo di Rieti, quotidianamente presente sui territori terremotati, sta inoltre definendo un piano con il quale rispondere alle esigenze pastorali della zona, coordinando le forze diocesane e le tante offerte di aiuto che giungono da sacerdoti e religiosi di tutto il Paese. Un “accompagnare” la ricostruzione che riprende alcune delle indicazioni esposte la scorsa domenica durante la chiusura dell’Incontro pastorale.