Suor Mariana: «Io, volto del terremoto. Ripartire? È possibile»

La religiosa sopravvissuta: la normalità è il mio sogno

«Sono riuscita a vedere quella maledetta foto solo dopo una settimana: le consorelle prima me la nascondevano» rivela suor Mariana. Il suo volto macchiato di sangue, lei seduta per terra, è stato il simbolo del terremoto che ha devastato il Centro Italia. Simbolo d’angoscia e di speranza insieme. Era il 24 agosto scorso e suor Mariana si era appena miracolosamente salvata dal crollo del convento delle Ancelle del Signore ad Amatrice. Quella scossa aveva appena ucciso tre suore. «Penso a loro, così come alle mie consorelle suor Cristina e suor Maria», come lei scampate al sisma e ora tornate nel centro reatino per impegnarsi di nuovo nell’attività pastorale fra la comunità terremotata. «Penso alle mamme e alle donne che hanno ancora campi e animali da accudire. Che sono restate lì, piangono e soffrono ma sono attaccate alla loro terra: la loro presenza è speranza». La speranza per questa giovane religiosa nata in Albania si chiama normalità. «Riprendere l’attività e lo studio è stata la cosa più importante» dice adesso. L’ha cercata riparando prima ad Ascoli Piceno, nei giorni dopo il sisma, poi rientrando a Romanella sua comunità di Casa Nazareth, con la scuola dell’infanzia che le suore Ancelle animano a Prima Porta, da dove si sposta ogni giorno all’università per frequentare il corso in Scienze della formazione.

Lezioni ed esami. Ripresa la vita di sempre, con «coraggio e determinazione». Solo così si può ripartire, è la convinzione della suora che il terrore di quella notte è tornata a viverlo con tutte le code dello sciame sismico del Centro Italia che di striscio giungevano fino a Roma. Il 18 gennaio, ad esempio, le scosse l’hanno colta all’università proprio mentre stava sostenendo l’esame di matematica. «La prima durante lo scritto, poi avevo l’orale e non potevo scappar via come avrei voluto, ho aspettato il mio turno mentre le altre scosse di quella giornata si succedevano… E questa cosa l’ho vista come un segno, un messaggio di Dio che mi diceva: continua a fare quello che stai facendo!». Un messaggio quanto mai fondamentale per lei, figlia dell’Albania uscita dal regime, che il suo cammino di libertà l’ha trovato nella vocazione religiosa abbracciata quando era già in Italia, grazie alla figura di un sacerdote che l’ha conquistata. «Con l’esempio di vita, non con le prediche». (da «Avvenire»)