Ritroviamo insieme l’equilibrio del cuore

«Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo». È a partire da queste parole del profeta Gioele, che il vescovo Domenico si è rivolto ai tanti che si sono ritrovati in Cattedrale per vivere insieme la liturgia del Mercoledì delle Ceneri.

L’episodio biblico riguarda Israele che sta per  subire l’arrivo di uno stormo di cavallette. Ma anche anche la gelosia di Dio per la Terra e come questa si coniuga con la sua compassione per il popolo. «La Terra e l’umanità stanno o cadono insieme», ha spiegato il vescovo, riferendosi anche ai problemi che affliggono il nostro territorio: prima il terremoto, poi la pandemia e da ultimo l’allagamento della piana.

«Per troppo tempo abbiamo sottovalutato il rapporto con l’ambiente», ha ribadito monsignor Pompili, invitando ciascuno a fare propria «la gelosia di Dio per la Terra e la sua compassione per noi».

Un risultato che non si consegue attraverso «politiche esterne»: una forma nuova di equilibrio tra l’uomo e la Terra, tra l’uomo e l’ambiente, richiede qualcosa di più radicale, che ha a che fare con qualcosa che si trova anzitutto dentro il nostro cuore. L’esigenza che si impone, secondo il vescovo, è cioè quella a cui chiama la Quaresima: una «ecologia del cuore» che si ottiene «laddove Gesù per tre volte parla della ricompesa che viene dal “Padre tuo che vede nel Segreto».

Esiste dunque una dimensione segreta, sconosciuta che non si vede, e che però è decisiva a definire i nostri comportamenti. E questa dimensione invisibile è «la dimensione del cuore, che ha bisogno di trovare dentro di sé questo equilibrio, che poi si proietta anche all’esterno».

E per aiutare a vivere la Quaresima come tempo della vita favorevole per ritrovare questo «equilibrio del cuore», che conduce a quella «Primavera dello spirito» che è la Pasqua, don Domenico ha suggerito di rifarsi a san Benedetto e alla sua Regola: «In Quaresima ogni monaco sia dotato di un libro che dovrà leggere integralmente». Un obbligo che sulle prime stupisce, perché «un libro, nel quinto secolo, era una rarità preziosissima».

Ma il patrono d’Europa aveva capito aveva forse intuito che una strada sicura per concretizzare il necessario equilibrio del cuore è proprio nella lettura. Un’attività che purtroppo non vede gli italiani ai primi posti, anzi: report e statistiche dicono che siamo abbastanza poco avvezzi ai libri. «E non dobbiamo farci ingannare dall’idea che stiamo spesso sul display elettronico», ha sottolineato il vescovo: «La lettura di un libro e cosa diversa da spiluccare a destra e a manca qualche notizia sul telefonino o l’iPad, sollecitati dalle immagini e dai titoli strillati».

Perché leggere consiste nel fare spazio a un assente che ci parla attraverso ciò che scrive. E quando la lettura è autentica, allora noi siamo costretti a venire fuori, a uscire da noi stessi, e a confrontarci con un altro.

Tutto questo avviene nel segreto della nostra anima e restituisce al nostro cuore la possibilità di alimentare quel mondo interiore che ci fa vivere non soltanto all’esterno di noi stessi, ma dentro». Accade perché la lettura implica una capacità di sguardo sulla realtà molto più profonda, molto più capace di interpretare. «Leggere è in fondo leggersi – ha spiegato monsignore – attraverso la lettura riusciamo anche a meglio interpretare noi stessi. Ecco perché è decisivo e reimparare a farlo».

Naturalmente, per un cristiano, la lettura ha sempre a che fare soprattutto con quel Libro dei Libri che è la Scrittura.

Per noi cristiani l’atto fondamentale per riequilibrare il nostro cuore è ossigenarlo con la Scrittura, letta da ciascuno di noi nel segreto della nostra coscienza».

Ed è questo, allora, l’impegno suggerito dal vescovo all’inizio del cammino che conduce alla Pasqua: «Saperci regalare momenti segreti in cui ci sottraiamo alla routine e in cui riusciamo a regalarci degli spazi di lettura, in cui leggersi, ma in cui soprattutto leggere la presenza di Dio nella nostra vita. Lo notava anche un quasi contemporaneo di san Benedetto, san Gregorio Magno: La Parola cresce con chi la legge».