«Lasciare spazio al dolore». Il vescovo Domenico a «In ½ ora»

Ha preso le mosse da quanto detto nell’omelia in occasione dei funerali delle vittime del 24 agosto l’intervento del vescovo Domenico nella puntata del 22 gennaio della trasmissione «In ½ ora», condotta da Lucia Annunziata su Rai Tre. Parole che i terremoti successivi sembrano rendere ancora più profonde e che riportano in primo piano la domanda sul rapporto tra la fede e il dolore.

Le risposte di mons. Pompili alle sollecitazioni della Annunziata si sono rifatte ampiamente ai ragionamenti sviluppati nella sua recente lettera pastorale. «Alla domanda “Dov’è Dio?” – ha affermato mons. Pompili – tendo a non rispondere nulla. La domanda è anche la mia. E credo che sia importante lasciare spazio anche al dolore. Per questo rimango in silenzio. È legittimo pensare: fino a quando?».

Ma il punto, secondo il vescovo, è un altro: «Occorre rifiutare il teorema della retribuzione: come se il male ce lo fossimo meritati» La questione è presente nell’immaginario di tutti, ma «occorre guardarsi da questa facile identificazione» tra male e colpa. Essa rinvia infatti a «un’immagine di Dio infantile, che lascia il cielo desolatamente vuoto». Il richiamo è invece alla figura di Giobbe, che «esprime bene il dramma dell’uomo posto di fronte alla domanda del dolore».

Oltre che sulla prospettiva cristiana dalla quale guardare alla situazione dei territori più duramente colpiti dalle reiterate scosse degli ultimi mesi, don Domenico ha anche ragionato più in concreto sulle difficoltà del momento.

«Che in molti ci sia la tentazione di andarsene – ha detto il vescovo – credo sia comprensibile. Soprattutto per chi ha vissuto la prima drammatica scossa sulla sua pelle. La ripetizione non fa che ingigantire il momento del terrore. Il terrore che aleggia è che, se il terremoto prosegue, non rimangano più persone che possano scommettere sulla ricostruzione».

Riconoscendo «l’attenzione costante» delle istituzioni, Pompili ha evidenziato come di fronte al dolore e alla sofferenza si introduca «una sorta di autocensura»: un sentimento da superare perché «bisogna ricostruire i cuori prima delle case: i beni più importanti sono quelli relazionali, che hanno a che fare con le persone».

Incalzato sul tema della burocrazia, il vescovo ha sostenuto che essa «non è un male necessario, ma un bene difficile, perché diversamente si finisce per andare incontro ad amare sorprese». La burocrazia richiede però persone «che abbiano la chiarezza della filiera» e, oltre all’organizzazione, un’«ulteriore motivazione».

Quindi Pompili è tornato a richiamare con forza l’attenzione sul tema delle infrastrutture. Un punto, emerso in tutta la sua importanza anche negli ultimi giorni con l’aggravarsi delle condizioni meteorologiche, che insieme ad altri è necessario affrontare per restituire una prospettiva ai territori terremotati di Accumoli e Amatrice.

Per il vescovo occorre innanzitutto «assicurare i beni relazionali, fare in modo che le persone non si sentano abbandonate a se stesse». Un obiettivo finora raggiunto grazie alla comunicazione e alla grande solidarietà che continua a investire i luoghi colpiti dal sisma. Ma al contempo c’è bisogno anche di «beni di tipo economico, perché questi territori erano già scarsamente popolati prima del terremoto. Accumoli – ha ricordato don Domenico – aveva 8000 abitanti nel 1700, al momento del sisma erano poco più di 500. Sono necessari grandi investimenti: innanzitutto dal punto di vista delle infrastrutture».

Nel frattempo «occorre raggiungere le persone anche nelle frazioni più sperdute. Se in questi giorni c’è stato un problema è stato con gli allevatori e gli agricoltori», ma senza dimenticare di porre la necessaria attenzione al «tema dei beni culturali».