Mons. Pompili al clero diocesano: la vostra sia una «creatività che sa andare oltre»

Il 19 gennaio, presso l’Oasi Gesù Bambino di Greccio, si è svolto il consueto incontro del terzo giovedì del mese tra il vescovo Domenico e i presbiteri e i diaconi della Chiesa di Rieti: un appuntamento che stavolta è stato impostato non tanto come un ritiro, quanto come un momento di confronto sulla difficile situazione legata al sisma.

Nella sua opera di moderazione degli interventi dei presenti e poi nella sua sintesi conclusiva, mons. Pompili ha invitato il clero diocesano convenuto a Greccio a compiere «quello scatto in più» che l’emergenza richiede, animati dalla speranza «che è cosa diversa dall’ottimismo e dal pessimismo, essendo fondata su una fiducia di base che ha in Dio il suo fondamento».

Come Chiesa, ha detto il vescovo, «dobbiamo guardarci dall’utopia che spesso tracima in realizzazioni storiche senza senso, ma allo stesso tempo dobbiamo provare a gettare il cuore oltre l’ostacolo, senza lasciarci immobilizzare dai dati di fatto. Questo è il senso della logica agostiniana della Città di Dio, che allude a una dimensione nella quale l’uomo non si lascia ingabbiare dal solito argomento del destino, ma reagisce provando a dare una drizzata alla cronaca quotidiana».

Don Domenico ha scelto di additare ai sacerdoti e ai diaconi un modello storico tutto reatino della «creatività che sa andare oltre» di cui parla: mons. Massimo Rinaldi, la cui storia episcopale ha voluto leggere come l’esempio della possibilità di «tentare qualche nuova strada senza incorrere nell’immobilismo, che è il vero demone da cui guardarsi». La forza del suo ministero è stata quella di radicarsi in uno spazio, quello diocesano, tentando di farne emergere il meglio: una strategia che ha consentito a Rinaldi di «lasciare un segno e ben al di là delle sue intenzioni».

Quattro gli elementi costitutivi della creatività invocata da Pompili. In primo luogo il fatto che «quello che si vede non è tutto quello che c’è»: si deve sempre andare al di là di quello che si vede a occhi nudi. In questo senso, essere creativi significa affermare che c’è sempre qualche orizzonte aperto. «Impariamo a dire le cose con verità – così il vescovo – e questa sarà la nostra forza, in una società fatta di immagine e di poca sostanza».

Il secondo elemento si condensa nella formula «Tutto l’uomo e tutti gli uomini». L’espressione, mutuata da Paolo VI, rinvia a una visione inclusiva che tenga sempre conto delle difficoltà riscontrabili nella realtà, specie di quelle degli ultimi. Se non si fa questo, si costruisce una società malata, iniqua e tendenzialmente violenta. Di qui l’invito a considerare sempre, anche e soprattutto nella pastorale, questa prospettiva che aiuta a non rinchiudersi, ad avere il senso globale del territorio e a superare i campanilismi.

Quindi il terzo elemento: «La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni». Una creatività autentica non lascia nulla di intentato rispetto ai mezzi. Per mons. Pompili «una tecnica senza etica è disumanizzante, ma anche un’etica senza tecnica è velleitaria. Di qui l’urgenza di organizzare bene la nostra azione pastorale, a livello sia parrocchiale che diocesano. Dobbiamo sviluppare meglio le nostra capacità, i nostri strumenti, e affinare il nostro modo di procedere sinodalmente. Nessuna iniziativa diocesana è estranea a quella parrocchiale e viceversa». Ancora una volta la comunicazione si è rivelata decisiva nella visione del vescovo, che ha sottolineato nuovamente le opportunità offerte dal sito e dal giornale diocesano. Inoltre, fondamentale sarà l’«incastro» tra le attività delle zone pastorali e quelle degli uffici di curia.

Il quarto elemento indicato da don Domenico è stato infine «costruire sul lato sano». Non si ricomincia da zero tutte le volte. Al contrario, la diocesi ha alle sue spalle un cammino lungo da cui attingere motivazioni, orientamenti e persone. La novità si costruisce innestando sulla continuità germogli di originalità.

Naturalmente il vescovo non si è soffermato soltanto sui principi, ma ha anche fatto riferimento alle implicazioni pratiche della creatività richiesta con tanta forza. Tra i suoi suggerimenti l’esortazione a dire sempre la verità e a mettersi in gioco nella fraternità solidale, oltre all’esigenza di sviluppare sempre di più le proprie capacita e di proporre testimonianze concrete di vita. Con due raccomandazioni pressanti: la presenza, dunque la necessità di stare sul territorio, di animarlo dal di dentro, di organizzarsi in base ai bisogni della zona pastorale e di non decidere nulla senza aver consultato il vicario di zona; e poi la disponibilità ad assumersi responsabilità più ampie.