Il vescovo ai giovani: «Sentire Dio che parla è possibile»

La meditazione mattutina ai giovani del Meeting, nella preghiera che apre la seconda giornata, l’ha dettata il vescovo Domenico sulla base della lettura biblica proposta nella celebrazione delle Lodi del sabato dell’Ottava di Natale: il celebre brano della Lettera agli Ebrei che ricorda come «Dio, dopo aver parlato molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni parla a noi per mezzo del Figlio».

«Il cruccio dell’autore della Lettera agli Ebrei, che scrive attorno all’80 d.C., è quello non tanto di parlare di Dio, ma di far parlare di Dio», esordisce monsignor Pompili, evidenziando come «già allora il rischio era che tra gli stessi cristiani si andasse a cercare Dio dappertutto tranne che attraverso suo Figlio. E l’autore ribadisce che Dio ci parla soprattutto attraverso Gesù di Nazaret».

«L’origine della Terra risale a 4 miliardi di anni fa e l’origine dell’uomo a circa 300mila anni fa. Se penso a queste dimensioni mi perdo, a meno che non abbia un volto preciso, un nome, una persona che mi possa parlare. Dio non può essere sottratto alla sua astrattezza se non attraverso Gesù di Nazaret: se io credo in Dio è perché credo in Gesù di Nazaret. La sua parola mi persuade, la sua parola, che è ancor prima la sua vita, mi dice che è qualcuno a cui posso dare fiducia. E allora vorrei invitare anche voi a questa centralità del rapporto con Gesù Cristo, perché è lui che genera alla fede. Solo in lui comprendiamo che siamo frutti non del caso, ma di un disegno provvidente».

Don Domenico fa riferimento anche alle tragiche notizie dei suicidi che tra Rieti e Leonessa hanno incrinato il clima di serenità delle feste natalizie, e si rivolge ai giovani, che, «nonostante le connessioni molteplici, spesso vi ritrovate da soli». Dinanzi al rischio della solitudine e della disperazione, «la fede è una risorsa straordinaria. Sentire Dio che parla è possibile, ma è un’arte, bisogna crescere in questa dimestichezza con lui. Oggi se uno vuole che Dio parli alla sua vita non può prescindere dall’avere 5 minuti in cui stacca tutto e si mette in questa disponibilità di ascoltare. Ogni giorno qualche momento ritagliato, uno spazio breve ma continuo, perché solo così il Figlio può rivelarci chi è Dio».

Avere questo, sottolinea il vescovo, «significa avere una compagnia, avere uno che non ti abbandona mai, perché Gesù, a differenza di tanti altri maestri delle religioni, è sempre con noi». Ma la confidenza con lui va creata «a partire dalla Parola. La mia fede è cresciuta quando ho iniziato ad avere un rapporto con il testo biblico: all’inizio sembra sempre un po’ stoppaccioso, ma poi quando uno riesce a scartarlo diventa fresco», perché la parola di Gesù «è sempre attuale per quel che succede in questo momento».

E oltre che con le parole della Sacra Scrittura, conclude Pompili, «Dio ci parla attraverso le persone che incontriamo. Per questo siamo persone che vogliono dialogare, perché anche attraverso le persone che sono lontane da noi Dio parla alla nostra vita. Dobbiamo imparare ad ascoltarne la voce».