Il Vangelo delle cose essenziali

La festa di Sant’Antonio a Rieti non è mai una semplice ricorrenza. Ogni anno, il Giugno Antoniano riunisce una devozione antica e viva, capace di farsi parola, gesto, preghiera condivisa. Ma quest’anno, nel giorno della festa del santo, a rendere il tutto ancora più significativo è stata la presenza del cardinale Ángel Fernández Artime, pro-prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata, già Rettor maggiore della Congregazione salesiana, venuto per la prima volta in città e subito accolto con calore.

La celebrazione del Solenne pontificale ha raccolto un’assemblea partecipe, con la presenza delle autorità civili – in testa il prefetto e il nuovo procuratore della Repubblica, al suo primo evento ufficiale – e i gonfaloni di Comune, Provincia e Regione. In apertura, il vescovo Vito Piccinonna ha dato il benvenuto all’ospite e il cardinale si è detto felice di essere a Rieti ricordando che nella mattina, a Roma, il Papa aveva presieduto il concistoro con nuove canonizzazioni. Un segno di continuità tra la santità vissuta e quella riconosciuta, tra la liturgia della città e la comunione della Chiesa universale.

L’omelia del cardinale Artime è stata intensa, a tratti quasi confidenziale. Ha ripercorso la straordinaria vicenda spirituale di Antonio, il frate che ha saputo parlare al popolo con parole semplici e potenti. Lo ha fatto mettendo in dialogo la figura del Santo con quella di Francesco d’Assisi: «Antonio si accorse che questa gente qui, in un secolo in cui c’erano tante sofisticazioni, andava alla ricerca delle cose essenziali». E lì trovò il suo posto, il suo linguaggio, la sua missione.

Non un eroe isolato, ma un credente capace di annunciare il Vangelo con la vita: parlava del Vangelo, insegnava il Vangelo, viveva il Vangelo. «Il Signore ama i gesti di amore – ha detto il cardinale – se sono calcoli, li rifiuta». E ha ricordato come Antonio abbia condiviso le tribolazioni del popolo, difeso i più deboli, spezzato la “milza e la tenda” con i poveri, evocando un’immagine di fraternità concreta, senza retorica.

Alla fine della celebrazione, dopo la tradizionale benedizione del pane di Sant’Antonio, è stata impartita anche la benedizione papale con annessa indulgenza giubilare. Prima, però, il vescovo ha preso la parola per un accorato invito all’iniziativa prevista lunedì al santuario della Foresta: una marcia della pace silenziosa, senza segni distintivi né bandiere. «Siamo contro tutte le guerre – ha detto – indistintamente. Come si può accettare che anche un solo bambino muoia sotto una nostra bomba?» Parole che hanno toccato l’assemblea, sfociate in un lungo applauso.

In Sant’Antonio, la città ha riconosciuto ancora una volta una presenza che non si limita al passato. È un volto che continua a parlare. E che sa ancora condurre, con passo lieve e deciso, verso l’essenziale.