“Il miracolo della fraternità” che trasforma il dolore in festa

Dal dolore alla festa: il miracolo della fraternità“: è questo il titolo della nuova opera esclusiva del maestro Francesco Artese, svelata nel pomeriggio di mercoledì 16 dicembre sotto le arcate del Palazzo Papale di Rieti per la quarta edizione de “La Valle del Primo Presepe“.

Dopo Greccio e Poggio Bustone, il maestro presepista materano rappresenta i santuari francescani di Fonte Colombo e Santa Maria della Foresta, chiudendo dunque attraverso il tocco della sua inconfondibile arte la sequenza dei luoghi simbolo del francescanesimo nella Valle Santa reatina.

Per l’apertura, niente inaugurazioni o afflussi di pubblico, che nei prossimi giorni sarà opportunamente contingentato negli orari di apertura per evitare ogni tipo di assembramento secondo le vigenti normative anti-Covid. Eppure, la magia resta e anzi di amplifica, tanto che quest’anno il Natale pare avere tutto il sapore di una festa più essenziale e sobria, ancor più ferma all’immagine della greppia con il Bambino che san Francesco fissò nella storia nella notte di Greccio 1223.

E non mancano di riecheggiare ancora, a un anno di distanza, le parole di papa Francesco, che nell’Admirabile Signum, la lettera apostolica firmata proprio a Greccio il primo dicembre del 2019, volle sottolineare e rafforzare la potenza del messaggio di pace e fraternità evocato dal presepe.

L’opera che completa il trittico di Francesco Artese si conferma un capolavoro di dettagli rigorosamente artigianali. Circa quattro mesi di lavoro per un’installazione di sessanta metri quadri per un’altezza sette metri: polistorolo, polisterene e malta cementizia i materiali usati per la scenografia, poi dipinta in acrilico e terre. Le statue di terracotta alte circa un metro sono opere originali plasmate a mano dal maestro siciliano Vincenzo Velardita di Caltagirone, le sorelle Balestrieri di Napoli, hanno vestito alcuni personaggi, i particolari in legno sono stati invece fatti a mano dall’artigiano reatino Gianni Scacciafratte, altri particolari sono stati realizzati da Pellegrino De Risi di Reggio Emilia, mentre Guerino Vignola, artigiano di Pescara, è il creatore del leggio ligneo su cui è posata la Regola francescana.

Prezioso, come sempre, il lavoro di assistenza e assemblaggio di Lorenzo Serva, e ad impreziosire il tutto le spettacolari luci di taglio teatrale studiate da Agorà e l’emozionante colonna sonora composta da monsignor Marco Frisina.

In primo piano sono visibili le scene che narrano due degli episodi salienti avvenuti sul Sinai francescano: a sinistra il Poverello detta la Regola a frate Leone, suo fidato compagno, sotto lo sguardo attento del frate giurista Bonizio. Sulla destra invece uno dei momenti più drammatici della vita del santo: malato agli occhi e quasi cieco, Francesco deve subire l’intervento delicatissimo e dolorosissimo della cauterizzazione: i frati scappano sconvolti quando il medico arroventa il ferro per posarlo sulle tempie di Francesco, ma frate focu ascoltando la preghiera del Poverello, non gli farà alcun male.

Ai lati, vicino allo sfondo, la cappella della Maddalena e la roccia dello Speco, fanno ala alla scena del miracolo dell’uva presso il santuario di Santa Maria della Foresta. Dalle uve mangiate dalla gente e quasi del tutto calpestate, Francesco chiede al povero prete proprietario della vigna presso il quale era ospite, di non disperare e di raccogliere ciò che resta, per poi pigiarlo nella vasca, promettendogli inoltre una produzione di vino più abbondante degli anni precedenti.

Al di là dell’esatta collocazione del miracolo, oggetto di un’accesa diatriba tra gli storici, ciò che conta è che dove c’è fede in Dio, il Vangelo diviene vita possibile, il fuoco si mostra amico e nell’abbondanza del vino si celebra la fraterna accoglienza.

«Sono particolarmente felice di lavorare ancora qui a Rieti, per il terzo anno consecutivo – ha detto il maestro Artese – e devo dire che sono molto soddisfatto anche del lavoro svolto, che completa in un certo senso un ciclo storico e spirituale».