Gli «Sdraiati» e il capovolgimento nella vita di San Francesco

Vestizione dei novizi, Fonte Colombo, 15 settembre 2015. Omelia del vescovo Domenico Pompili

(Vespri: Testamento di Francesco; 2 Tm 2,10-12a)

“Ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo” (Testamento). Francesco fa riferimento al fatto che gli ha cambiato la vita e che è distesamente raccontato nella Leggenda dei tre compagni. In essa si narra di un giorno quando nei pressi di Assisi Francesco stava cavalcando e d’improvviso gli si fece incontro un lebbroso. Aveva sempre avuto ribrezzo di questo tipo di malattia, ma quella volta scese da cavallo, baciò la mano dell’uomo e gli diede del denaro. Alla fine ne accettò perfino il bacio. Questo episodio segna lo spartiacque della vita di Francesco. Scendere da cavallo sarebbe stato l’intuizione di un’altra visione delle cose: non più guardare il mondo dall’alto in basso, non più starsene al riparo da contaminazioni pericolose, ma assumere un altro sguardo più ravvicinato e, soprattutto, esporsi al rischio del contatto. Questa scelta non fu senza conseguenze e non potè essere fatta una volta per tutte. In seguito Francesco si fece coraggio e rafforzato nella sua convinzione torno al lebbrosario sperimentando una inedita sensazione: “Ciò che prima gli riusciva amaro, vedere e toccare dei lebbrosi, gli si trasformò veramente in dolcezza” (FF 1408).

Cosa era il “prima” ce lo rivela lo stesso Francesco facendo riferimento a come cominciò la sua penitenza: “quando ero nei peccati mi sembrava troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e feci con essi misericordia”. Sono a ben guardare le stesse parole che il vangelo di Luca (10,37) utilizza per il samaritano che a differenza del sacerdote e del levita non volge altrove il suo sguardo, ma si lascia attrarre dal malcapitato e “fecit misericordiam in illum”. Secondo gli studiosi questo brano era nell’Evangeliario appartenuto a Francesco e quindi verosimilmente ne aveva fatto oggetto del suo studio e della sua preghiera.

Se dovessi tentare una definizione del noviziato potrebbe bastare questo capovolgimento che si attua nella vita di Francesco. Per vestire i panni del quale bisognerà che anche voi facciate lo stesso percorso: imparare uno sguardo non più autocentrato e distaccato, ma orientato e coinvolto. Non è un percorso scontato. Di recente un autore ironico e penetrante ha descritto il suo rapporto con il figlio affibbiando alla generazione dei suoi coetanei la qualifica di “sdraiati”. Per sostenere che è in atto una mutazione antropologica che sembra aver investito tutti i figli e cioè il passaggio dalla posizione eretta… a quella orizzontale. Eccoli, gli sdraiati avvolti nelle loro felpe prolungamenti post-umani del corpo e del pensiero. Eccoli i figli di oggi, quelli che preferiscono la televisione allo spettacolo della natura, che non amano la bandiera dell’Ideale, ma che vivono anarchicamente nel loro godimento autistico, eccoli in un mondo dove tutto “rimane acceso, niente spento, tutto aperto, niente chiuso, tutto iniziato, niente concluso”. Eccoli i consumisti perfetti, “il sogno di ogni gerarca o funzionario perfetto della presente dittatura, che per tenere in piedi le sue mura deliranti ha bisogno che ognuno bruci più di quanto lo scalda, mangi più di quanto lo nutre, l’illumini più di quanto può vedere, fumi più di quanto può fumare, compri più di quanto lo soddisfa”.

Non sono portato a prendere per oro colato quel che un adulto dice sui giovani. Ma la tenerezza che trasuda dalle pagine di “Sdraiati” autorizza a ritenere che il problema oggi degli adulti e dei giovani sia non più tanto di scendere da cavallo, ma di alzarsi da terra per riprendere in mano la propria vita. Come Francesco che dall’incontro con il lebbroso trova la forza per andare avanti sulla strada che porta ad uscire finalmente da sé e avvicina agli altri. Come? Cominciando a dimenticare se stesso, fino a giungere, con la grazia di Dio, a vincersi perfettamente sempre di più (magis ac magis). Si tratta di un’azione esercitata su di sé per tirar fuori il meglio e per sentire come naturali azioni e atteggiamenti che prima erano del tutto estranei.

Questo è l’augurio che mi sento di rivolgervi. Che il noviziato diventi una strada per migliorare il vostro sguardo sulla realtà e la vostra vicinanza al prossimo. Così Dio sarà visibile nei vostri occhi e nelle vostre vite! Avete la garanzia più convincente nel breve brano della seconda lettera a Timoteo dove l’insistenza sulla particella “se” e sul rapporto con Cristo, suggerisce le due condizioni del cammino che oggi intraprendete: la vostra libertà e la misericordia di Cristo. Che regge a qualsiasi esito umano:

“Se siamo morti insieme con lui,
con lui vivremo.
Se avremo pazienza, con lui regneremo;
se poi lo rinnegheremo, anch’egli ci rinnegherà.
Se gli saremo infedeli, egli invece rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso”.