Avvertiamo davvero il bisogno di convertirci?

Avvertiamo davvero il bisogno di convertirci? O piuttosto puntiamo a un restyling, a un’operazione di maquillage, che ci fa apparire rinnovati mentre nulla è realmente cambiato? È questa la domanda che il vescovo Vito ha rivolto a quanti si sono ritrovati in Cattedrale per partecipare al rito delle ceneri, lo scorso mercoledì.

Sulla soglia della Quaresima, don Vito ha provocato l’aula portando alla scoperto le debolezze dell’animo umano, le resistenze che ciascuno affronta alla ricerca di un miglioramento. Perché nessuno esce volentieri dalla sua comfort zone, nessuno ha davvero voglia di cambiare. Più realisticamente «Noi vogliamo che cambino gli altri, che cambi la storia, che cambino gli eventi. Difficilmente siamo disposti a porre mano alla nostra vita per cambiare noi».

Ma la conversione non è innanzitutto opera dell’uomo. Lo riguarda e ne partecipa, certamente, ma è opera di Dio. «Non si verifica senza il contibuto umano, ma è dono suo, del suo amore, di questo Dio che abbiamo ascoltato essere pietoso, longanime, lento all’ira e grande nell’amore».

Con questa consapevolezza, dunque, occorre inoltrarsi nella Quaresima, da vivere come un tempo di grazia più che con il senso dell’afflizione. Perché è «farsi penetrare da una Parola che è pensata per noi dall’eternità. Una Parola che ci riconduce all’amicizia stretta, forte, con Gesù» e «in lui e con lui tutto si rinnova». Anche il digiuno, l’elemosina, la preghiera, sono «una provocazione chiara a capovolgere di continuo la vita mettendola dinanzi a quella di Gesù. E liberarsi da tutto ciò che ci rende lontani da noi e dai fratelli».

Don Vito ha richiamato a cogliere una «primavera dello spirito», a riscoprire e prendere sul serio il nostro battesimo. Cioè a essere davvero cristiani, a riconoscere nel sacramento ciò che «ci fa appartenere a Dio e alla storia, alle sue gioie, alle sue speranze, ma anche alle sue tristezze e alle sue angosce». Anche quando come Gesù ci si trova nel deserto, infatti, la meta è la Pasqua. Occorre riconoscere la verità profonda della vita, mettere in contatto «il mistero povero della nostra esistenza di creature con il mistero sempre vivo e vivificante di Dio, che ci ha rivelato in Gesù il figlio amato».

L’incoraggiamento del vescovo ai fedeli, però, non fa sconti: «Il restyling chiede qualche sacrificio; la conversione non è affatto indolore perché si tratta di scendere nei propri inferi portando e riscoprendo la propria nudità. E non ci sono foglie di fico che tengano». Ma ne vale la pena perché «il dono di Dio è troppo bello, è meraviglioso e non può rimanere sepolto in noi. Attende di venire alla luce. E se sarà così, sin da oggi è già Pasqua».