Dal vescovo l’invito agli studenti a stare sul territorio «con tutte e due le gambe»

Ha rivolto lo sguardo ai giovani, il vescovo Domenico, parlando in occasione della presentazione del progetto di alternanza scuola-lavoro Be the Change, promosso dall’Ordine degli Avvocati e rivolto agli studenti dell’Istituto Magistrale di Rieti.

E cogliendo lo spunto dall’uscita del film Il vegetale, che ha visto la troupe e il protagonista Fabio Rovazzi lavorare negli scorsi mesi nel Reatino, mons Pompili ha colto nell’iniziativa dei giuristi una sorta di anticorpo al destino che il territorio sembra aver assunto, soprattutto dopo quello che è successo sedici mesi fa con il terremoto, e cioè un accentuarsi dello «spopolamento» e della «condizione di un luogo marginale, frammentario, periferico, nel quale non resta che vivere da vegetali». Un atteggiamento pericoloso, «soprattutto per le nuove generazioni», rispetto al quale la «relazione tra la scuola e il lavoro» può fornire una risposta, «condizione che la “scuola” continui a essere un luogo di formazione e istruzione, e il “lavoro” non diventi l’occasione per usare a basso costo manovalanza da riporto».

Don Domenico ha ben presente il dato dei giovani che lasciano i luoghi d’origine per andare a cercare fortuna altrove. Ferma restando la libertà di ciascuno di decidere dove vivere, il fenomeno non può lasciare indifferenti, ma impegnare chi resta sul proprio territorio a «starci con tutte e due le gambe». Alla vigilia della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il vescovo ha dunque invitato a non guardare soltanto a quanti arrivano, a anche a quelli che partono dall’Italia, perché «spesso anche nella narrazione si sottovalutano i costi dell’emigrazione». Quando si parla dei “Cervelli in fuga”, infatti, «viene messa in evidenza sempre la storia dei vincenti, che sono però in numero ridotto: più dei cervelli, in fuga ci sono le braccia, la manovalanza, quanti sono costretti ad andare perché qui sembra che non ci sia alternativa». Storie spesso dolore, talvolta tragiche, che debbono spingere a «prendere con più convinzione la possibilità di sperimentarsi nel nostro territorio, evitando di vegetare, per verificare se invece è possibile anche da noi fare qualcosa».