Omelia in occasione dell’incontro con la comunità parrocchiale di Santa Lucia

Mercoledì della XVIII settimana del Tempo ordinario, anno b (1 Gv 2, 3-6)
14-10-2015

L’autore della prima lettera di Giovanni va diritto al cuore. Conosce Dio solo chi osserva i suoi comandamenti. Questa affermazione mette al riparo da due errori molto frequenti. O lo spiritualismo disincarnato di chi pensa di attingere Dio in un corpo a corpo solitario, possibilmente sganciato da qualsiasi riferimento al concreto, che sono gli altri in carne ed ossa. Oppure il sociologismo immersivo di chi si limita ad affermare l’amore verso gli altri, ma mettendo tra parentesi Dio e il suo amore. Entrambe queste derive hanno vita breve. Lo spiritualista diventa un personaggio poco credibile, che si isola dal resto della comunità e professa una fede che si rivela una forma di alienazione. Il sociologista invece si getta nella mischia, ma dopo un po’ si stanca e finisce per rientrare dentro quel clima borghese e cinico che deluso rifluisce nel privato.

Conoscere nella Bibbia non è un affare solo cerebrale. E’ piuttosto una esperienza che coinvolge e mette in condizione di esporsi agli altri e all’Altro.

Anche nella comunità cristiana, cui sicuramente pensava l’autore della lettera, il rischio di una schizofrenia c’è sempre. Addirittura il testo parla di «bugiardo» per dire di chi afferma l’amore di Dio, ma si separa dagli altri. Ciò significa che l’amore di Dio include sempre Lui e gli altri. Anche per evitare quello che scherzosamente affermava Woody Allen: «Io amo l’umanità. È la gente che detesto!».

La perfezione dell’amore di Dio non si dà senza gli altri. Ciò spinge ad un cristianesimo più concreto ed esigente. Ma aiuta a costruire rapporti che, per quanto faticosi, sono una ri-velazione dell’amore stesso di Dio. Non per niente i primi cristiani divennero oggetto di curiosità non tanto per la loro fede nel Dio unico, ma perché la gente pagana escalamava interdetta: «Come si amano!».

Conoscere è una realtà integrale, al punto che si fatica a distinguere quello che è per Dio e quello che è per l’uomo. Come ammetteva don Milani, riferendosi ai suoi ragazzi di Barbiana: «Ho voluto più bene a voi che a Dio. Ma spero che Lui metta tutto sul suo conto».