Omelia in occasione delle esequie di padre Anavio Pendenza

Giovedì della V settimana di Quaresima (Gen 17, 3-9; Sal 105; Gv 1, 35-51)
22-03-2018

«Egli vide passare Gesù e disse: “Ecco l’Agnello di Dio”». Così l’evangelista Giovanni riferisce del Battista che indicando ai suoi discepoli il Maestro li indirizza verso il compimento della promessa di Israele. Basterebbero lo stupore e la libertà del Battista per descrivere padre Anavio. La sua vita è stato un “indice puntato” verso Gesù, sin dalla sua giovinezza trascorsa a Tagliacozzo. «Pignolo, preciso, puntuale» (A. Paoletti), padre Anavio giunse a Leonessa quasi 50 anni fa. E qui è rimasto tenacemente avvinghiato alla sua certezza: indicare in Gesù l’Agnello di Dio. Mi sono reso conto di questa sua “concentrazione” nell’ultimo incontro a Terni, dove ho visto un uomo consapevole della fine imminente, ma serenamente affidato a Colui nel quale ha creduto e sperato. Certa rigidità del passato aveva ormai ceduto ad una tenerezza che si commuoveva per tutto e per tutti.

«Che cosa cercate?». La domanda a bruciapelo costituisce la prima parola di Gesù nel vangelo di Giovanni: una parola importante che pone la domanda centrale che chiunque al seguito di Gesù deve porsi: perché c’è seguire e seguire, c’è ricerca e ricerca. C’è anche l’illusione di chi pensa di cercare Cristo, ma in realtà cerca se stesso. Padre Anavio no, non ha mai cercato se stesso. Ha sempre lottato per mettersi in cerca di Dio, degli altri, della vita. Lo si intuiva dalla curiosità nel cogliere con la sua inseparabile macchina fotografica frammenti di vita; nella sua voglia di camminare sui monti che conosceva come le sue tasche vuote; nella cura della gente a lui affidata. E nella sua capacità di racconto, di cui «Leonessa e il suo Santo» è la prova più convincente. Scorrendo la rivista che arrivava ovunque ed era il tramite dei leonessani sparsi nel mondo, padre Anavio si faceva carico di tener viva l’identità di questa terra, invitando al dialogo e al confronto. E soprattutto al coraggio: «Le difficoltà rafforzano la mente, come la fatica rafforza il corpo».

«Maestro, dove abiti?». Questa è la domanda giusta del discepolo che non significa banalmente dove dimori, ma più profondamente qual è la tua vita, il tuo modo di esistere, il mistero della tua persona. Si noti che il verbo è al presente e non al passato per indicare che si tratta di una presenza che non si sposta né di luogo né nel tempo. E questa è in fondo la consegna che ci lascia padre Anavio: è stato fedele al luogo e al tempo che gli sono toccati in sorte. Ha sposato fino in fondo questa realtà, se ne è fatto interprete e voleva che aspirasse a qualcosa di più. Chi lo ha sostenuto in questa battaglia quotidiana? La certezza che Gesù esprime: «Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo». “Vedrete” è il testamento di padre Anavio. Che tradotto significa: non disperate, confidate, camminate insieme!