Fratelli e sorelle carissimi,
un canto di un po’ di anni fa, forse dei Gen, conteneva queste parole “Non importa il come, il dove e il se” e continuava “Tutto ruota intorno a Te, in funzione di Te”.
Devo confessare che non sono mai stato completamente d’accordo con la prima parte “Non importa il come”. Sì, forse non importano il dove e il se ma il come conta, eccome! Il come dice lo stile, il modo, la qualità. Lo stile è l’uomo.
Dalla vita di don Salvatore che- come afferma l’Apostolo delle genti- appare come una lettera di Cristo scritta non con inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra ma sulle tavole di carne dei vostri cuori emerge in maniera nitida la volontà inequivocabile di aver avuto lo sguardo e l’orecchio rivolto a Cristo, quella capacità di sguardo e di ascolto che Pietro, Giacomo e Giovanni hanno ricevuto come dono da Gesù, sul Tabor, sull’alto Monte.
La Trasfigurazione rappresenta “le prove generali della Pasqua”. Gesù è diretto decisamente a Gerusalemme e almeno per un momento, a metà della sua vita pubblica, dinanzi alle domande di tanti (“Chi è costui”?) e allo smarrimento che la via crucis produce anche nel cuore dei più intimi, nella sua umanità umanissima brilla, chiarissima, la presenza dell’Eterno. Per un attimo, quanto basta per riprendere il cammino. È bello il desiderio di Pietro di voler “eternizzare” quel momento. Quando l’Amore svela appieno la sua verità non si vorrebbe fare altro se non godere di questo Amore e non allontanarsene più.
È un giorno di festa quello che celebriamo oggi cari fratelli e sorelle. Seppure il dolore di questa perdita si fa sentire tutto nella nostra umanità (anche per me vostro Vescovo questa morte non è facile da accettare perché dice una perdita di un figlio e padre caro di questa Chiesa, di un ministro con una grande anima ecclesiale), don Salvatore partecipa in pienezza alla Pasqua di Gesù, è totalmente immerso in quel Mistero di Vita che sulla terra ha celebrato nel segno forte e fragile dei segni. Ora accade per lui l’incontro dolcissimo col Vivente che ha sempre cercato e additato a tutti, sempre, in ogni ministero che gli è stato affidato, fino all’ultimo. Nei suoi 90 anni, con i suoi 63 anni di ministero ordinato, tra gli operai della Snia Viscosa o come iniziale animatore della comunità della Madonna del Cuore, tra gli studenti come tra gli ammalati e i poveri incontrati con la Caritas, nel servizio di Economo o di Presidente dell’Istituto diocesano sostentamento del Clero, come vicario per i religiosi, cappellano delle suore Oblate e soprattutto nell’esperienza per lui, probabilmente la più importante, come parroco a S. Agostino, ha voluto ri-flettere quella luce che ha gustato sul Monte. E’ proprio vero che ciascuno è la luce e l’ombra che si porta dentro! In don Salvatore la luce ha avuto la meglio.
L’esperienza del Concilio Vaticano ll lo ha segnato interamente e ne ha voluto vivere il dinamismo senza se e senza ma in questa Chiesa reatina che ha tanto amato per davvero, sino all’ultimo, in un attegiamento di forte collaborazione con tutti i Vescovi di cui è stato generoso e onesto collaboratore, facendo sempre suo il motto di Ignazio di Antiochia Nihil sine Episcopo. Per parte mia conserverò con cura preziosi consigli da lui ricevuti e preziose attestazioni di affetto. Prete conciliare non per spot ma per vocazione: la dimensione comunitaria generata dal Battesimo, l’invito a vivere la fede da laici adulti con al centro la Parola di Dio e il desiderio di diffonderla, dovunque, liddove l’uomo vive, gioisce, soffre e spera! La cura delle relazioni da lui vissuta faceva sentire ciascuno unico e amato. Era il suo modo di restituire quanto viveva lui per primo nella sua vita spirituale.
Ha favorito il sorgere delle Comunità Neocatecumenali, come uno dei frutti del Concilio e a tutti invitava a ripartire sempre dal Signore, dalla fiducia in Lui, invitando a mettersi in ascolto della Parola di Dio, quella Parola che anche nella fatica degli anni che avanzavano e della salute che veniva meno ha voluto dispensare anche attraverso i suoi messaggi whatsapp che raccontavano ancora di un prendersi cura, di non voler venir meno al suo compito principale di evangelizzatore. Ha ascoltato il Figlio amato e ha desiderato farlo ascoltare a tutti, senza esclusioni. La Parola sulle sue labbra ha edificato e non è mai stata usata come una clava. Con essa ha incoraggiato, illuminato, ammonito, fortificato, confortato, perdonato.
Tra i tanti compiti vissuti da don Salvatore il più importante è stato quello di confessore e di direttore spirituale, di tanti laici come anche di molti sacerdoti e consacrati, nel generoso impegno di curare le vocazioni. Nei suoi occhi traspariva la ricchezza del Mistero contemplato sul Monte. Don Salvatore ci ha invitato in ogni modo a vivere Gesù. E’ questa la sua eredità preziosa.
Chi lo accostava riceveva l’intima certezza trasmessa dall’Apostolo Pietro: “Vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore”. Don Salvatore non ha trattenuto per sé la voce udita discendere dal Cielo sul santo monte. Ha dispensato la Parola di Dio con larghezza ma quella Parola è stata anzitutto da lui stesso ruminata e assimilata, ha allargato sempre più la tenda della sua esistenza, facendosi dono e perdono, come anche motivo di conversione personale.
Sabato a mezzogiorno quando l’ho incontrato l’ultima volta ha ripetuto spesso “Grazie, grazie, sono pronto”.
Sono le parole di chi sa di partire, non per lasciarci, ma per raggiungere il suo Tutto e continuare ad intercedere per noi.
Ci mancherai don Salvatore, ma ti chiediamo di continuare ad amare e a pregare per questa Chiesa, per il nostro Presbiterio particolarmente e per il dono di buone Vocazioni, sacerdotali e laicali, a servizio del Regno. Prega per noi perché, con i fatti, non facciamo mai a meno del Signore e tu, ora, sussuraGli, che pure noi, infondo, gli vogliamo bene. Da morire.