Omelia in occasione della Santa Messa presso il monastero delle suore domenicane

Venerdì della XXVII settimana del Tempo ordinario, anno dispari (Gl 1, 13-15; 2, 1-2; Sal 9; Lc 11, 15-26)
09-10-2015

Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo». Gesù è nel vivo della polemica coi suoi irriducibili avversari: scribi, farisei, legalisti. Non vogliono credere all’evidenza dei fatti e si trincerano dietro la garanzia che il profeta deve esibire per dar credito alla sua provenienza da Dio. Ma Gesù che ben conosce le loro intenzioni e, soprattutto, i loro pregiudizi, spiega perché lui e non altri è la prova dell’irruzione di Dio nella storia.

«Ogni regno diviso in se stesso va in rovina». Così dicendo lascia intendere che non c’è da scegliere tra bene e male. Solo il bene deve essere cercato, superando la divisione, che lacera il cuore di ognuno. L’esperienza conferma che spesso vediamo il bene, ma facciamo il male. Siamo affascinati dal nostro ideale, ma finiamo per soccombere alla parte più istintiva. Ciò non toglie che sia il bene ad attirarci a sé e solo il bene a farci compattare. Possono esserci momenti di divisione e di confusione, ma mai bisogna perdere questa tendenza all’unificazione, che è il vero obiettivo della vita spirituale e che ci fa superare la schizofrenia che ci rende infelici e posseduti dai nostri vizi.

Per far questo, occorre fare pulizia. Gesù lo lascia intendere quando parla di una casa «spazzata e ben ordinata», che però resta sempre una condizione provvisoria, perché sempre possiamo essere di nuovo sedotti dal male. Non c’è età in cui si possa star tranquilli. Ed anzi le crisi della fede aumentano con il trascorrere della vita. In un certo senso è più difficile credere da anziani che da giovani! Contrariamente a quanto si pensa, infatti, col passare degli anni si acuiscono i nostri limiti, si moltiplicano le nostre fatiche e si cede al tedio della vita. Per questo non bisogna abbassare la guardia. La preghiera costante, al netto della gratificazione che può produrre o meno, è la prova del nostro impegno, che resiste a dispetto dei problemi.

Ciò che se ne ricava è che «chi non è con me, è contro di me». Non ci sono altre vie. O si resta attaccati a Cristo, e così si prende la distanza dal male, oppure si finisce per essere dentro un vortice che ci ruba la libertà e la voglia di vivere. Occorre sempre ripartire dalla domanda: a che pro ciò che faccio? Tutto ciò che allontana da Cristo va evitato. Molti prima di morire si accorgono di aver vagato a lungo inutilmente, inseguendo cose inutili. Per prevenire questo esito melanconico, più che la fine bisogna cercare il fine della vita, come quando l’alpinista per farsi forza non smette di tenere fissa la vetta della montagna verso cui sta procedendo.

La vostra vita silenziosa e apparentemente distaccata dal mondo è la prova che Dio vale più di ogni altra esperienza e che solo guardando a Lui si riesce a venir fuori da quello che si impossessa di noi e ci svilisce.

La profezia di Gioele si chiude con parole che sembrano descrivere la schiera di sorelle che vi hanno preceduto in questo antico monastero delle domenicane, dalla canonizzazione di San Domenico avvenuta proprio qui a Rieti nel 1234 in poi: «Come l’aurora un popolo grande e forte si spande sui monti: come questo non ce n’è mai e non ce ne sarà dopo, per gli anni futuri, di età in età».