Omelia in occasione della I Domenica di Quaresima

(Gen 9,8-15; Sal 24, 1Pt 3,18-22; Mc 1, 12-15)
18-02-2018

«Questo è il segno dell’alleanza che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente». L’arcobaleno, che oggi ci è mancato, in genere fa presagire il ritorno del sereno. Nel Primo Testamento è la prova che Dio smette di tenere in pugno l’arco della guerra e concede all’umanità un’altra possibilità. E così la prima umanità, che andata autodistruggendosi per la violenza propria (questo è il senso del diluvio), dalle sue ceneri rinasce a vita nuova.

Ma c’è un altro elemento in questo passo del libro della Genesi che colpisce, e cioè il fatto che questa nuova alleanza tra Dio e l’umanità – che peraltro è una iniziativa del tutto unilaterale da parte di Dio – si estende a ogni essere vivente. Come a dire che Dio non è vincolato da una razza, una civiltà, una religione, ma è ovunque rifiorisca la speranza.

Verrebbe da chiedersi se questa visione di un’umanità corrotta sia soltanto una suggestione che fa parte dei miti che stanno alle nostre spalle, o se sia invece qualcosa che ci riguarda. Basta la cronaca recente di queste ultime settimane per rendersi conto che in realtà anche la nostra generazione non è messa poi così bene. Se penso a cosa è accaduto a Macerata, al di là delle strumentalizzazioni politiche, mi pare che ci sia qualcosa su cui tutti dobbiamo meditare.

Quello che è accaduto a Macerata, dove una persona ha sparato all’impazzata su chiunque passasse per strada, ritenendo di fare giustizia su un altro episodio di violenza, perpetrato su una donna, la dice lunga sull’atmosfera corrotta del nostro tempo. Abbiamo tutti sottovalutato, ad esempio, quanto la droga renda i giovani, e non solo, deboli e dipendenti.

Non abbiamo compreso che l’accoglienza delle persone migranti è una cosa seria, e che se non c’è onestà e rigore si rischia di far sì che quanti vengono da lontano finiscano per entrare nelle maglie della malavita per il disagio che già vivono.

Non abbiamo compreso, in altre parole, quanto è accaduto alla nostra generazione. Se dovessimo fare il punto, dovremmo riconoscere che abbiamo fallito perché non siamo riusciti a trasmettere ai più giovani quei valori che hanno consentito al nostro paese di uscire dall’odore acre della guerra e di crescere non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale.

Ma qualcosa si è interrotto. E in un certo senso è venuto meno proprio il valore della vita. È questo ciò che abbiamo perso. Chi si droga lo fa sapendo che andrà a finire male, ma lo fa perché la vita per lui non ha nessun valore. Chi spaccia lo fa lucidamente, perché sa che così potrà avere facili guadagni, ed è questo quello che gli interessa, non quello che produce.

Più in generale, chi compie azioni inique, lo fa con la consapevolezza di ciò che sta facendo, ma per il fatto che ciò che vive non ha valore. E allora è da qui che dobbiamo insieme ripartire: da questa percezione del valore della vita. Ed è questa in fondo la tentazione di fronte alla quale siamo tutti noi collocati: se la vita abbia o no un valore. Quando viene meno questa percezione, tutto il resto è conseguenza.

Fortunatamente la pagina del Vangelo, nella sua, brevità ci offre uno spunto di speranza. Si descrive così Gesù: «nel deserto rimase 40 giorni tentato da Satana». Marco, a differenza degli altri evangelisti, è molto sobrio e non entra nella dinamica delle diverse tentazioni, ma ci offre un quadro che è fatto, per così di dire, di due pannelli: da una parte c’è la tentazione e dall’altra c’è Gesù che se ne sta serenamente insieme alle bestie selvatiche. Come a dire che la nostra vita è sempre in procinto di fallire da un lato, ma dall’altro c’è sempre la possibilità che riprenda e ricominci.

Questo è il bivio di fronte al quale si trova ognuno di noi: scegliere se rassegnarsi di fronte a ciò che è male e che ci sta in alcuni momenti facendo paura, o se al contrario cercare di ricominciare a vivere diversamente. Penso che sia questa la preghiera che dovremmo rivolgere tutti insieme al Signore: «concedimi di ricominciare».
Avendo in mente una canzone che, a motivo dell’arcobaleno, mi è tornata in mente: quella di Celentano alla morte di Lucio battisti, laddove mette in bocca a colui che se ne è andato all’improvviso queste parole: «ascolta sempre musica vera e cerca sempre, se puoi, di capire».