Omelia in occasione della festa di S. Maria delle Fornaci

Martedì XXIII per annum (1 Cor 6,1-11; Sal 149; Lc 6, 12-19)
11-09-2018

«Fratelli, quando uno di voi è in lite con un altro, osa forse appellarsi al giudizio degli ingiusti, anziché dei santi?». Paolo sta scrivendo ai Corinti che, per quanto convertiti al Vangelo, mostrano di avere lo stesso stile dei pagani, cioè di portare davanti ai tribunali le loro beghe interne. Questo rimando alla giustizia terrena che fatalmente porta allo scoperto le loro tensioni e le loro contrapposizioni viene stigmatizzato dall’Apostolo che si aspetterebbe dai suoi un altro comportamento. Perché se è già una sconfitta tra cristiani essere divisi ancor più lo è cercare altrove la soluzione dei conflitti. Vuol dire, in pratica, rinnegare quella fratellanza che induce a trovare la pace all’interno piuttosto che all’esterno. Sembra storia di 2000 anni fa, ma se ci guardiamo intorno vediamo che è ancora cronaca dei nostri giorni. Spesso in nome della giustizia non si esclude neanche l’uso dei media con grande clamore, a svantaggio della comunità cristiana. C’è chi sostiene che diversamente non si riuscirebbe ad ottenere l’effetto di affrontare gravi crisi che altrimenti sarebbero insabbiate. Ma è questo lo stile del cristiano che si accoda al vento sottile dello scandalo che non costruisce ma alimenta quel senso di incertezza e di disorientamento che sono già così diffusi?

Gesù nel testo di Luca, sembra esibire un altro atteggiamento di fronte alle controversie che non lo risparmiano. Nel suo ministero pubblico è fatto oggetto di polemiche e di minacce, ma non indietreggia e lo troviamo a ‘passare la notte in orazione’. Prima di ogni lavoro occorre questo spazio dell’incontro con Dio. Prima di assumere una decisione importante bisogna far precedere anche tempi lunghi di preghiera. Perché? Per almeno tre ragioni. La prima è che nessuno sa veramente bene che cosa sia il bene e dunque occorre essersi misurati a lungo con la sua sapienza per decidere che cosa sia bene qui e ora, senza lasciarsi condizionare dalle passioni umane che spesso ci distolgono dall’essenziale e ci fanno scambiare la nostra ostinazione per la volontà di Dio. Ma c’è un altro motivo buono per pregare a lungo dentro situazioni di conflitto. Non tutto dipende da noi nell’esito di certe situazioni. Ci sono molte interferenze che non dipendono da noi. Per questo occorre pregare perché come dice S. Ignazio, lavoriamo come se dipendesse tutto da noi, ma preghiamo come se tutto dipendesse da Dio. E c’è da ultimo un altro buon motivo per frapporre la preghiera alla nostra presunta giustizia: lasciare a Dio che la verità si faccia da strada da sé senza imporla e senza tradirla.

Pregare è la strada per dare profondità alla nostra causa e purificarla da eventuali distorsioni, senza rinunciare a quello che come cristiani ci qualifica.