Omelia in occasione del Transito di san Benedetto

Martedì della V settimana di Quaresima (Gen 12, 1-9; Sl 1; Ef 4,1-6; Gv 17, 20-26)
20-03-2018

«Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore». Il testo della Genesi mostra che la chiamata del Patriarca, già settantacinquenne, va da Ur dei Caldei a Canaan, da Canaan a Sichem, da Sichem a Betel per indicare il futuro sviluppo del popolo eletto. Anche Benedetto, da Norcia passando per Subiaco, arriverà fino a Montecassino. E così comprendiamo che quando Dio chiama c’è sempre uno sviluppo imprevedibile che porta lontano. Dopo più di 15 secoli secoli siamo qui ad interrogarci su dove conduca il carisma benedettino, anche se «questa volta i barbari non stanno oltre le frontiere, ma ci governano da molto tempo. E la nostra mancanza di coscienza di ciò è parte del problema. Aspettiamo non Godot, ma un altro – certamente molto diverso – san Benedetto» (A. McIntyre).

Più di recente, R. Dreher, in un suo saggio intitolato Opzione Benedetto, sembra rilanciare quest’attesa che si sintetizza in questa domanda: «Potrebbe essere che il modo migliore di fermare la marea è… non fermare la marea? Cioè, smettere di disporre i sacchi di sabbia e costruire invece un’arca dove ripararci fino a che le acque non si saranno ritirate e potremo mettere i piedi di nuovo sulla terra asciutta?». A questa provocazione guardano con sospetto sia quelli che vi vedono un arroccamento settario che tiene il broncio alla modernità sia quelli che intravvedono una ritirata strategica che lascia il mondo in balia di se stesso.

Ma dove sta l’originalità di san Benedetto, al di là delle sue interpretazioni di oggi? Conviene ripartire dall’ascolto dell’evangelista Giovanni per trarne due indicazioni. La prima è «Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato». Il punto di partenza è aver ri-conosciuto in Gesù colui che fa ritrovare la nostra umanità. La spiritualità di Benedetto farà leva su questa persuasione che solo Cristo è la misura di tutte le cose. Di qui la sua scelta: rispetto al travaglio del mondo si richiede una presa in carico del mondo, lasciandosi orientare dal tempo e dallo spazio. Bisogna ripartire da questa concretezza se si vuol fuggire dalla rabbia e dal senso di impotenza che segna la sensibilità di tanti. Ri-conoscere Dio fa ritrovare la coscienza del nostro destino.

La seconda indicazione è: «E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro». La fede è solo il punto di partenza che approda nell’amore. Tale forza non conduce all’esclusivismo, ma ad una fermentazione dell’umano che cambia in profondità cultura, costumi, perfino l’assetto economico. Per dirla con il card. Ratzinger: «Solo attraverso uomini toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini». Questa è la lezione di san Benedetto. Questa la sua “opzione” che si rivela attuale oggi più che mai.