«Laceratevi il cuore, e non le vesti». Così il profeta Gioele sembra alludere a quegli ebrei del suo tempo che, non senza un pizzico di teatralità, quando volevano mettersi a nudo davanti a Dio finivano addirittura con lo strapparsi le vesti di dosso.
La sovraesposizione dei corpi, in realtà, è diffusa anche oggi, non tanto nel contesto religioso, ma basta pensare anche a episodi recenti di cronaca, quando un ragazzo o una ragazza posta su Facebook il proprio corpo senza veli.
Ma più diffusamente, forse, è il caso di fare riferimento a un fenomeno che non dobbiamo sottovalutare per l’impatto che ha su ciascuno e in particolare sui più giovani: è la pornografia on-line, che allude alle forme dell’amore, ma ne perde l’incanto e tende a una visione “cosificata” del rapporto tra uomo e donna, nella quale, in nome di pretese e anche di performance, si perde l’esperienza della tenerezza e dell’incontro.
Questa follia di corpi senza anime non va presa sottogamba e richiede una inversione ad “U”. È necessario che ci si muova in direzione esattamente contraria a questa che sembra essere una tendenza, proprio perché così pervasiva, anche così sottovalutata. E la strada è quella che invece va non tanto da ciò che siamo verso l’esterno, ma, al contrario, dall’esterno verso ciò che è interno, nascosto, invisibile, perché tutti sappiamo che solitamente le cose decisive sono quelle che non si vedono. E la cosa è tanto più importante quando è in gioco il cuore di ciascuno, che se non è riscaldato rischia di generare attorno a sé un grande freddo.
A dispetto del riscaldamento globale, dobbiamo registrare una sorta di raffreddamento dei cuori ed è per questo che è importante prendere la strada che va nella direzione opposta e che fa leva su ciò che è meno visibile, ma è decisivo: il cuore di ciascuno di noi.
Il Maestro, lo abbiamo ascoltato nel Vangelo, suggerisce tre esercizi di riscaldamento: anzitutto l’elemosina, che fa contenti quando riusciamo a condividere quello che abbiamo e non ad accumulare soltanto per se stessi, deforestando quello che sta intorno; poi la preghiera, cioè quella capacità di saper sprecare del tempo per concedersi nel silenzio all’ascolto con Dio; e finalmente il digiuno, che elimina tutto ciò che è superfluo e ci fa più avvertiti del fatto che sono veramente poche le cose di cui abbiamo bisogno, e ci sottrae a quel baratto per cui spesso vendiamo la nostra libertà in nome di questo consumismo, che qualche volta ci appare perfino inelegante.
Siamo in cammino verso la Pasqua, che è la primavera dello spirito. Quand’è che ci accorgiamo che siamo a ridosso della primavera?
Quando cominciamo a percepire nuovi profumi nell’atmosfera. E proprio questo è ciò che ci ha spinto stasera a venire qui, a prendere per così dire il cammino verso questa primavera dello spirito in cui ci è dato di sperimentare un profumo diverso. Il profumo, come si sa, è qualcosa che non si vede e tuttavia si coglie nell’aria, identifica una persone e direi che ha perfino un carattere democratico perché una volta che spande la sua fragranza arriva ovunque ed è per tutti.
Non è un caso che nella Bibbia, il Cantico dei Cantici, quando deve dire chi è il Messia, parla di Lui come di un profumo olezzante. Noi vogliamo metterci in cammino dietro a questo profumo che ci fa riscoprire anche il segreto della vita. Perché i cristiani sono chiamati a fiorire a Pasqua e a diffondere intorno a se questo profumo, che rende la vita diversa perché ci fa fare il bene senza doverlo esibire; ci fa percepire Dio senza doverlo dimostrare; ci fa essere noi stessi mettendoci al riparo di quelle che sono le attese degli altri.
È questo profumo, allora, che in questi quaranta giorni vogliamo cercare di cogliere, perché quello che gli occhi non vedono, quello che le orecchie non ascoltano, è possibile intuirlo attraverso questo olfatto spirituale. La Quaresima è questo e per questa ragione vogliamo incamminarci insieme alla ricerca di quello che dà alla nostra vita, nonostante le sue tante brutture, la possibilità di un profumo nuovo.