Omelia della XXIV domenica per annum (B)

Is 50, 5-9a; Sal 114; Gc 2, 14-18; Mc 8, 27-35
16-09-2018

«E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno». Gesù sta camminando lontano da Gerusalemme e domanda ai suoi cosa pensino su di lui. Ma quando Pietro lo identifica col Messia, cioè con il Cristo, stranamente proibisce loro di parlarne. Non solo, ma si affretta a chiarire in che senso deve essere inteso quell’appellativo, aggiungendo che «il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e dopo tre giorni risorgere». A questo punto è sempre Pietro che prende la parola per scongiurare questa ipotesi nefasta e Gesù lo rimprovera aspramente: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

Come interpretare questo rapido cambio di scenario? L’unica possibilità, a meno di pensare che pure Gesù sia bipolare, è comprendere che un conto è dire che egli è il Messia e un conto è prendere parte al suo destino di morte e resurrezione. Pietro aveva detto il vero, ma non aveva ancora chiaro cosa significasse in concreto stargli dietro. Insomma, un conto è la fede e un conto sono le opere. Anche l’apostolo Giacomo ce lo ha detto chiaramente: «Così anche la fede: se non è seguita dalle opere in se stessa è morta». Credere non è una emozione di un momento o una certezza astratta, ma un modo di essere al mondo che ci fa convinti di una cosa: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà». Questo è il punto. Il contrario della fede, dunque, è l’apatia che non ci fa correre rischi e ci porta a giocare al ribasso, cercando sempre e soltanto di tutelare i nostri interessi.

Vincere l’apatia è l’obiettivo della fede che ci fa scartare rispetto ad alcune derive. Come il tragico caso di Igor, appena quattordicenne, che è stato ritrovato morto per gioco, volendo provare l’effetto dell’autostrangolamento. Igor ha corso dei rischi per vincere la noia, ma finendo per diventare una vittima di se stesso. A pensarci, il rischio dell’autostrangolamento si dà anche in altre forme tra gli adolescenti e non solo. Quando per provare l’emozione si fa del male a qualcuno così gratuitamente (bullismo); quando si lascia il proprio impegno per lasciarsi andare a sostanze e pratiche autolesioniste; quando ci si isola nel chiuso delle proprie comodità invece di respirare l’aria fresca dell’impegno per gli altri.

6 italiani su 100 soffrono di apatia, cioè assenza di passione, emozioni, sentimenti, desideri, attrattiva. L‘apatia è caratterizzata da una evidente immobilità fisica, mentale, progettuale e creativa. La fede è un antidoto efficace perché ci rimette per strada e con Gesù come riferimento stabile ci spinge a non subire, ma a reagire.