Omelia della XXIII domenica per annum (B)

Is 35,4-7a; Sal 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37
09-09-2018

Gesù lascia la regione di Tiro e passando attraverso il territorio di Sidone va oltre il lago di Tiberiade, nel territorio della Decapoli. Si reca in zone pagane ed è attorniato solo dai 12 e da alcune donne. Mentre cammina gli si fa incontro un sordomuto che è il simbolo di una grave menomazione. E’ impossibilitato ad ascoltare e quindi a comunicare. Dunque, è isolato. Gesù lo porta in disparte, lontano dalla folla e con le sue mani agisce su quel corpo: gli pone le dita negli orecchi, quasi per aprirli, per circonciderli e renderli capaci di ascolto; poi prende con le dita un po’ della propria saliva e gli tocca la lingua, quasi simulando un bacio, dove la saliva dell’uno si mescola con quella dell’altro. Questa gestualità manuale, e quasi primitiva, dice confidenza, vicinanza, risveglio dei sensi corporali. Gesù poi emette un gemito, guardando verso il cielo per dire la sua partecipazione e la sua invocazione della salvezza. Quindi, dice una parola forte:”Effatà, cioè Apriti!”.

Aprirsi all’altro, agli altri, a Dio si impara e Gesù ci fa capire che non bastano pensieri e sentimenti, non bastano parole, occorre l’incontro delle carni, dei corpi, per poter intravvedere una guarigione che va sempre oltre quella fisica e apre alla comunione. Il testo si conclude evidenziando lo stupore della folla: ”Ha fatto bene ogni cosa: fa ascoltare i sordi e fa parlare i muti!”.

Per questo oggi i cristiani non possono disinteressarsi dello sviluppo, cioè di tutto quello che blocca l’autentica crescita che non è solo il Pil, ma è anche la qualità delle relazioni sociali e l’ambiente in cui viviamo. L’economia moderna è nata dentro una visione cristiana che ha fornito non solo i nomi, ma anche i contenuti. Le banche tanto per fare un esempio nascono dai frati e si chiamano ‘Monti di pietà’. Non sono la finanza di oggi, ma un aiuto a chi rischia di essere strangolato dall’usura. Lo stesso san Giuseppe se ne fa interprete, a riprova di come i frati si siano cimentati con il denaro senza farne un idolo. I soldi non si fanno con i soldi. Ma con il lavoro che oggi è il grande assente. E per togliere i viluppi che incatenano oggi le nostre possibilità bisogna favorire la libertà. Anche nella ricostruzione sarà importante che il rispetto della trasparenza non oscuri la velocità delle misure.

Per il cristiano toccare la realtà per farle aprire è decisivo. Preghiamo perché a Leonessa con l’aiuto dei cristiani possa svilupparsi sempre di più questa comunità non solo dal punto di vista del reddito, ma anche della qualità della vita e della stessa ricerca religiosa. Senza l’antidoto della fede infatti la vita rischia di essere una sagra infinita senza il lieto fine conclusivo.