Omelia della XXI domenica per annum (B)

Gs 24,1-2a.15-17.18b; Sal 34; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69
25-08-2018

«Volete andarvene anche voi?». La domanda posta a bruciapelo dal Maestro è rivolta non alla folla che già lo aveva contestato, ma ai suoi stessi discepoli. Di fronte a chi si era entusiasmato, salvo poi dileguarsi, Gesù tuttavia non muta le parole, non le rispiega, ma spinge alla radice la sua proposta. E’ interessante notare la sua pacatezza che non tradisce irritazione anche se soffre per l’abbandono dei suoi. Lascia comunque a tutti la libertà di andarsene.

«Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire dov’era prima?». Ma di che cosa si tratta? Quale è la ‘parola dura’ che non riescono a digerire? Solitamente si pensa all’Eucaristia, alla presenza di Gesù nel pane e nel vino, ma dietro questa realtà si cela la posta in gioco decisiva che è espressa da una coppia di termini antitetici: carne ‘versus’ spirito. In realtà, l’uomo è impotente (“la carne non giova a nulla”), soltanto lo Spirito di Dio può far rinascere l’uomo e aprirlo a nuovi orizzonti. Se ci si pensa è proprio così. Il mondo è fragile e l’uomo lo è ancora di più. Pensavamo che il progresso sarebbe stato un processo rettilineo senza intoppi e invece constatiamo che è difficile reggere l’urto con tutta una serie di eventi naturali e non che mettono a dura prova la nostra serenità. Ma quel che è più grave è che non accettiamo di credere che nell’uomo Gesù di Nazareth abbia rivelato il suo volto Dio stesso. Ci va bene fin quando lo si considera una saggio, un rivoluzionario, un interprete della vicenda umana, ma scommettere sulla sua origine divina. Questo sembra essere relegato ai miti del passato. E così abbocchiamo di volta in volta ai nuovi miti (il denaro, il potere, il sesso, la tecnologia), ma siamo tra quelli che non credono.

«Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Non è che Pietro da uomo concreto ed ebreo convinto non avesse dubbi, ma alla fine ciò che decide per lui è l’amicizia che ha stretto con Gesù che gli consente di abbandonarsi a Lui. Questa è la fede. Non aver compreso tutto. Essere chiariti su ogni dubbio. Avere una certezza scientifica, ma fidarsi di quest’uomo che ci rivela Dio. Si tratta di abbandonarsi e di crescere nella conoscenza pratica di Lui. Il resto viene con sé come conseguenza. Vien da chiedersi: come sarebbe la mia vita se lasciassi il mio legame con Cristo? E che cosa invece trovo nel fatto di poter comunicare con Lui? Senza la parola sul senso, sul perdono, sulla vita eterna, la nostra vita sarebbe incomprensibile. Per questo non ci resta che Lui, senza del Quale tutto risulta ancora più oscuro e incerto. Preghiamo che anche sulle nostre labbra incerte fiorisca la stessa dichiarazione del povero Pietro.