Amati fratelli e sorelle nel Signore,
stasera con questo Vespro entriamo insieme, come Chiesa diocesana, nell’anno centenario della nostra Casa: questa meravigliosa Basilica Cattedrale. Iniziamo così un intero anno pastorale che ci vedrà riuniti anche nei prossimi giorni. Vorrei consegnare alcune indicazioni che ci aiutino a camminare, sempre da pellegrini, in cammino ecclesiale.
È dalla Parola che vorrei attingere ben sapendo che se non è il Signore a costruire la casa invano vi faticano i costruttori e che ogni fatica è vana senza di Lui (cf. Sal 127). Questa parola raggiunge anzitutto me chiamato dalla Provvidenza di Dio ad essere vostro Vescovo, sulla Cattedra di san Prosdocimo e di san Probo e di tanti altri santi pastori ma raggiunge anche tutti noi per la comune vocazione battesimale come anche per i ministeri e carismi che ci sono affidati.
Abbiamo appena ascoltato: Né stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi, familiari di Dio per divenire anche noi casa di Dio.
Compito arduo! Chi ci aiuta? Senz’altro lo Spirito di Dio! Senza la sua sinergia, al massimo, potremmo diventare una comitiva, una nicchia, una cordata, ma noi siamo qui per essere e fare Chiesa. E allora abbiamo bisogno della Madre, immagine e modello della Chiesa, che nella nostra cattedrale è invocata come Madonna del Popolo. I Padri della Chiesa vedevano in lei il mysterium lunae. Come la luna così Maria e così la Chiesa non splendono di luce propria ma riflessa, il loro unico riferimento è Cristo, il Sole che tutto e tutti illumina. Mentre contempliamo Lei Assunta in Cielo sentiamo che non disdegna di chinarsi ancora oggi sulle nostre vite, sulle nostre necessità e, in questa vicinanza, ci offre il segreto stesso della vita.
Come a Cana di Galilea lei è presente, partecipa, sta. Come farà Lui sul Calvario: anche la Madre ci ama sino alla fine.
Pure nei banchetti di nozze, come nei momenti più lieti può accadere che venga a mancare il vino della gioia e della festa. Quante volte forse l’abbiamo sperimentato pure noi: una delusione, gli anni che avanzano, la fine di un amore, lo scioglimento di un legame, la perdita di una persona cara, il fallimento di un sogno…
C’è un “frattempo” in cui viene a mancare il vino. C’è anche Gesù a quel banchetto. E questo per la Madre è il motivo per non disperare, per aprire un varco di speranza, per riscattarsi dalla cronaca di vita.
La Madre compie tre gesti, lo sappiamo, che possono diventare esemplari anche per noi:
- La Madre si accorge. È la prima a farlo. Infatti si accorge prima chi ama di più. È attenta come il suo e nostro Signore alla vera felicità di quel banchetto, di quegli sposi anzitutto, della Chiesa, dell’umanità tutta. Maria ci insegna a stare anche nella crisi, ma con sguardo lucido e amorevole.
- La Madre intercede. Va da Gesù, porta a Gesù la preoccupazione di quella situazione e pur ricevendo da Lui una risposta che le resta enigmatica continua a sperare e ad affidare al Figlio, vero Sposo della Chiesa e dell’umanità, ciò che umanamente sembra insperabile. Maria ci insegna a porre la vita con tutte le sue domande davanti a Dio, come stando sulla breccia, dinanzi al Mistero. Così, dinanzi a Lui maturano fiducia e speranza.
- La Madre “organizza la Speranza”. Dinamicamente fiduciosa va dai servi e senza remore dice: “Qualunque cosa vi dica, fatela”. Sono le sue ultime parole, hanno valore di testamento anche per noi. Poi sparirà dalla scena. La ritroveremo lì, in piedi, sotto la Croce del Figlio quando a mancare sarà addirittura il Figlio stesso! Sarà l’ora dell’amore supremo, le nozze compiute con l’umanità, l’”ora” per cui il Figlio è venuto per dare lo Spirito con cui si riversano su tutti, senza misura, la pace e la tenerezza di Dio.
Gesù stesso invita i servi a riempire d’acqua le giare ormai vuote e insignificanti. Non basta lamentarsi per ciò che manca. Occorre coinvolgersi perché al banchetto della vita nessuno resti a secco e possa assaggiare il vino migliore. Occorreva il vino non l’acqua e Gesù sembra chiedere una fatica inutile e, in effetti, riempire di 600 litri di acqua quelle giare sembra tempo sprecato. Quante volte, in tante situazioni della vita ci sembra così.
Fino all’orlo ne riempirono, fidandosi, oltre ogni rassegnazione e chiusura, oltre ogni autoreferenzialità, oltre ogni previsione. Quell’acqua è la personale e collettiva quota di responsabilità. Quanti “miracoli” non accadono perché facciamo mancare questa nostra adesione! Ma fidandoci e solo fidandoci ecco il vino migliore, che sopravanza per tutti. La Madre sembra sparita. Come chi ama, come chi gode per il bene dei figli: le basta che siano felici, non reclama i diritti d’autore. Immagine bellissima della Chiesa: la Madre desidera innamorarci del Figlio con legame sponsale. Qui è tutta la sua gioia. Non cerca altro.
Mentre entriamo nell’anno centenario chiediamo al buon Dio un cuore di Madre per essere una Chiesa Madre che sa chinarsi sulle speranze, sulle fatiche e sulle stanchezze dei suoi figli, su ciascuno, attenti e intenti alla gioia vera, quella del Vangelo. Sin d’ora, particolarmente alle famiglie con tutti gli adulti chiedo di essere più responsabilmente presenti nella vita della Chiesa, consapevoli della personale vocazione, per aiutare tutta la Chiesa a stare nella storia, al banchetto della vita perché non manchi la gioia vera a questo tempo drammatico e triste. Aiutiamo anche la società ad essere madre e madre solidale e sollecita verso tutti.
In questa Chiesa Cattedrale, a tutti noi molto cara, rinnoviamo, in maniera più convinta e filiale, la scelta di non rimanere alla finestra o seduti. Non siamo ospiti né stranieri. Viviamo la familiarità di Dio avendo come esempio e capofila la Madre. Non mancherà oggi, come a Cana di Galilea, ci svelerà il segreto della vita anche quando le tenebre sembreranno inghiottire il sole. E saremo anche noi testimoni e ministri della gioia del Vangelo fino all’orlo.
