Non penitenza, ma grazia

Omelia in occasione del Mercoledì delle Ceneri
22-02-2023

Inizia con l’austero simbolo delle ceneri, che fra poco riceveremo sul nostro capo, questo cammino che ci conduce alla Pasqua, un tempo di conversione, di cambiamento. Ma mi sono chiesto, meditando sulla Parola di quest’oggi: ma ne avvertiamo noi davvero bisogno di convertirci? È proprio vero che vogliamo cambiare? Noi vogliamo di solito che cambino gli altri, che cambi la storia, che cambino gli eventi. Difficilmente siamo disposti a porre mano alla nostra vita per cambiare noi. Facciano gli altri il primo passo.

Se fosse solo opera nostra la conversione, e spesso a questa la ridunciamo, ne faremmo volentieri a meno. Noi viviamo in tempo in cui si è più esperti di restyling che ti conversione. Sono andato a ricercare il significato più preciso di restyling, e dice così: «È utilizzato in diversi ambiti col significato di una rivisitazione, in particolare nell’estetica di un oggetto esistente, senza uno stravolgimento consistente dello stesso». E aggiunge: «Non coinvolge grosse modifiche strutturali». La conversione, invece, è tutt’altro. Presuppone esattamente il contrario. Richiede di passare dalla veste al cuore, dalla superficialità e dall’apparenza, all’esistenza reale della nostra identità e delle nostre relazioni. La conversione, al contrario del restyling, è opera di Dio. Certo, con noi, non senza di noi; è dono suo, del suo amore, di questo Dio che abbiamo ascoltato essere pietoso, longanime, lento all’ira e grande d’amore.

È un tempo favorevole questo che oggi iniziamo come comunità, un tempo che accade ora come grazia. Per noi e per la nostra salvezza. È farsi penetrare da una Parola che è pensata per noi dall’eternità. Una Parola che ci riconduce all’amicizia stretta, forte, con Gesù, la Parola eterna del padre. Solo in lui e con lui tutto si rinnova, cominciando da noi. Solo così, la vita riparte.

La compresenza di quegli elementi che abbiamo ascoltato nel Vangelo, del digiuno, dell’elemosina e della preghiera, lontano da ogni esibizione, anche religiosa – perché Gesù dice che quegli atteggiamenti falsati si riproducono nelle sinagoghe e nelle strade – è una provocazione chiara a capovolgere di continuo la vita mettendola dinanzi a quella di Gesù. È liberarsi da tutto ciò che ci rende lontani da noi e dai fratelli.

Ancora oggi, pregheremo con un bellissimo prefazio che la Chiesa pone sulle nostre labbra e ancor di più nel nostro cuore, in questo tempo santo. Diremo che è Dio che riapre alla Chiesa la strada dell’esodo, perché prendiamo coscienza della nostra vocazione di popolo dell’Alleanza, convocato per la lode di Dio, nell’ascolto dei suoi prodigi e nell’esperienza gioiosa del suo amore.

Ed ecco carissimi che la Quaresima, più che una penitenza, nel senso che spesso viviamo, è una grazia. È il tempo, come lo chiamavano i padri, per la primavera dello spirito. È un tempo graziato, è un’ennesima possibilità che Dio sta ridando a noi sua Chiesa, popolo di battezzati, perché riscopriamo finalmente e prendiamo sul serio il nostro battesimo. Se qualcuno ci dovesse chiedere chi è il cristiano? Forse potremmo rispondere in una battuta alquanto semplice, ma reale, efficace: «è uno che ha preso sul serio il proprio battesimo». Questo battesimo che ci fa appartenere a Dio e alla storia, alle sue gioie, alle sue speranze, ma anche alle sue tristezze e alle sue angosce.

Ci sentiamo sospinti dal vento dello spirito, fossimo anche nel deserto come Gesù, verso il Regno che sempre viene. La meta, cari fratelli e sorelle, è la Pasqua. È la vita nuova di Gesù in noi. Perciò dobbiamo far sul serio, allontanando maschere e sconti dalla nostra vita. Abbiamo bisogno di chiudere la porta per entrare nel profondo, mettendo in contatto reale il mistero povero della nostra esistenza di creature col mistero sempre vivo e vivificante di Dio, che ci rivelato in Gesù, il figlio amato, sempre da ascoltare.

Non è un lavoro indolore. Il restyling chiede qualche sacrificio. La conversione non è affatto indolore perché si tratta di scendere nei propri inferi portando e riscoprendo la propria nudità. E non ci sono foglie di fico che tengano, ma ne vale la pena perché il dono di Dio, cari fratelli e sorelle, è troppo bello. Il dono di Dio è meraviglioso. Non può rimanere sepolto in noi, attende di venire alla luce. E se sarà così, sin da oggi è già Pasqua.