Omelia per la Santa Messa per i festeggiamenti del Giugno antoniano reatino

XIII Domenica del tempo ordinario (Anno C). Santa Messa al Giugno antoniano reatino
26-06-2016

C’è una insistenza particolare sui verbi di movimento in questo brano di Luca che segna uno spartiacque nel suo Vangelo. “Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Per questo ‘indurisce il volto’, quasi a voler trattenere il respiro e concentrare le forze, per dirigersi decisamente verso il suo destino di morte e di resurrezione. Sono innumerevoli le volte in cui ricorre ‘incamminarsi’, ‘camminare’, ‘in cammino’ e tutto lascia intendere che nulla sarà più come prima perché  è sulla strada che accade sempre qualcosa di nuovo.

E infatti, mentre era in cammino, Gesù “mandò messaggeri davanti a sé” per preparare il suo arrivo. Ma i Samaritani rifiutano il Maestro perché va verso Gerusalemme. Questa reazione scostante dei Samaritani che non avevano buoni rapporti coi giudei per motivi religiosi e politici è solo l’anticipo del rifiuto più decisivo. Ciò nonostante il Maestro che si ritroverà prima rifiutato dai suoi, poi dai farisei, infine dagli stessi suoi discepoli nell’ora della passione, mantiene la sua mitezza.  E voltandosi verso i due “figli del tuono”, Giacomo e Giovanni che vorrebbero che scendesse il fuoco di Dio sui Samaritani “li rimproverò”. Lui va avanti mite e determinato allo stesso tempo. E lungo la strada incontra tre diverse persone, tre giovani verosimilmente, a ciascuno dei quali detta le condizioni per la sequela.

Il primo deve essere un entusiasta, un po’ romantico: “Ti seguirò dovunque tu vada” e Gesù, per nulla lusingato, replica che la sua vita è senza garanzia, lo attende una morte ingloriosa. E lo invita a desistere. Non che Gesù non abbia neanche un letto su cui dormire, ma vuol far capire a chi si auto-decide che quanto lo aspetta è rischioso. Nessun ammiccamento, nessuna acquiescenza, ma senso della realtà. La fede costringe a cose non scontate. Ad esempio, noi abbiamo barattato la libertà per la sicurezza. Non vogliamo rischiare nulla e tutto vogliamo con il massimo di garanzie. Ma così si finisce per non camminare più. Ci si blocca. Al contrario, la vita di sant’Antonio documenta di un uomo che non esita ad allontanarsi da Lisbona per andare a Coimbra perché vuole concentrarsi e non lasciarsi distrarre dalle solite amicizie. Poi, colpito dai primi martiri francescani uccisi in Algeria, decide di affrontare il viaggio in mare per andare a prenderne il posto.  Ma la forza del mare lo risospinge verso la Sicilia. Ma anche qui non si installa nella bellissima isola e decide di andare ad Assisi al capitolo delle stuoie e conoscere san Francesco. E di lì passa in Romagna e poi gira per l’Europa e per l’Italia come predicatore appuntito e convincente. Non sta mai fermo, insomma.

Lungo la strada Gesù incontra un altro e stavolta stesso prende l’iniziativa e lo invita con forza: “Seguimi”. Il giovane non gli dice di no, ma pone una condizione: andare a seppellire – in piena conformità con la legge giudaica – i genitori! Gesù diventa intransigente e lo ammonisce con crudezza quasi spietata: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio!”. Non è contro l’amore dei genitori, ma lascia intuire che anche questo legame così tenero e decisivo deve essere superato. Perché è più avanti che ci aspetta la vita. Qui si coglie la priorità di Dio. Se c’è Lui tutto viene poi assunto. Il cammino di Gesù è orientato verso la resurrezione. Tutto dobbiamo valutare non rispetto all’oggi o al domani, ma rispetto all’eternità. Abbiamo perso questa prospettiva. Valutiamo tutto in un arco temporale ristretto. Tutto sembra decidersi qui e ora. Ma in realtà è ben oltre la nostra vocazione. E Gesù a costo di apparire scostante ce lo fa intendere. Come Antonio che nella sua predicazione urticante verso i ricchi non esita mai ad allargare lo sguardo verso l’eterno. Non basta garantirsi l’immediato, ma ampliare l’orizzonte. La nostra misura è l’eternità mentre noi siamo diventati incapaci perfino di garantire ai nostri figli quello che pretendiamo per noi.

Infine, Gesù incontra un terzo che gli assicura: “Ti seguirò, Signore, prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”. Gesù replica netto. “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio”. Qui è in gioco la concentrazione che esige di non cambiare continuamente obiettivo. Non siamo più capaci di stare alla stanga. Ognuno vorrebbe stare altrove. E così nessuno sta fermo su quello che deve fare e l’aratro non segna la terra con quella profondità che sarebbe necessaria. Perfino nel campo degli affetti, noi cominciamo tante relazioni ma poi sono tutte reversibili. Non ne approfondiamo nessuna. Al contrario sant’Antonio, ci appare in movimento ma sempre concentrato su ciò che è essenziale fino alla sua morte a Campo san Pietro perché non divaga, ma sta sul pezzo.

Gesù dacci un po’ del tuo spirito di fermezza e di mitezza per venirti dietro! Come fu Antonio, di cui si dice che era uomo alto e affascinante, che univa insieme forza e tenerezza. Proprio ciò di cui abbiamo più bisogno oggi.

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Via San Francesco, Rieti, RI, Italia