Messa della notte di Natale

(Is 9, 1-6; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14 )
24-12-2020

«Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio». Perché – ce lo chiediamo qui a Greccio – san Francesco per rappresentare la nascita di Cristo chiese soltanto un po’ di fieno e un bue e un asino vivi, animali nominati unicamente dai vangeli apocrifi e non dal vangelo di Luca, appena proclamato? Per rispondere bisogna rifarsi al simbolismo dei due simpatici animali che troviamo spiegato in un passo del grande Isaia (1,3): «Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende». Mentre gli esseri umani, insomma non riconoscono Gesù come il Messia, il bue e l’asino riconoscono nel bimbo posto nella greppia il loro Signore. Gregorio di Nissa (394), interpreta così l’immagine del bue e dell’asino: il bue indica la legge ebraica, alla quale egli è legato come al giogo; l’asino è il simbolo dei gentili. Difatti, egli porta il peso dell’idolatria. Tra il bue e l’asino vi è il bimbo divino, che libera sia gli ebrei che i gentili dal loro giogo e dal loro peso. Dunque, il bue e l’asino vanno intesi in modo simbolico. E possiamo rinvenire almeno due significati.

Il primo è che i due animali rappresentano la natura istintiva ed impulsiva dell’essere umano. Chi reprime le proprie pulsioni e i propri istinti, chi vive solo con la testa, perché vuole pilotare e decidere tutto a partire dalle proprie possibilità, rimane straniero a se stesso, in lui non può nascere niente di nuovo. Abbiamo bisogno di far ricorso dal nostro istinto di base: la paura e la fiducia. In questi mesi abbiamo ritrovato questi sapori primitivi della vita che avevamo trasformato nel panico e nel piacere. Di fronte al bambino nella mangiatoia si riscopre la paura del nostro essere fragili e frangibili e la letizia di provare gli affetti e i legami.

L’altro significato è che la natura istintiva e pulsionale non sono solo forze positive, ma ambivalenti. Il bue che procede guardando fisso davanti a sé e l’asino, che crolla sotto il peso che porta, sono comportamenti di vita che tutti conosciamo. Noi spesso percorriamo testardi la nostra strada senza guardare a destra o a sinistra. Ci carichiamo troppo peso addosso perché non abbiamo misura. Dobbiamo imparare il tempo lento, la calma contemplativa, il relax interiore.

Due animali ci suggeriscono la spontaneità dell’amore e la leggerezza dell’essere. Ecco perché san Francesco quella notte a Greccio convocò tutti per ritrovare queste due esperienze che neanche il Covid potrà toglierci, anzi paradossalmente ci sta facendo ritrovare tra paura e gioia, tra spontaneità e leggerezza.