Maràna tha, Maran atha / 4

Lectio divina del vescovo con i giovani nel tempo di Avvento (Mt 1, 18-24)
16-12-2016

Testo e contesto

Matteo scrive per una comunità fortemente impregnata dal giudaismo, in cui si metteva in dubbio l’autenticità messianica di Gesù. Per questo come premessa al suo vangelo inserisce due capitoli che fanno riferimento all’origine e al destino di Gesù. Tutto è orientato a dimostrare che si tratta del messia autentico, come prova il suo albero genealogico, la sua nascita singolare (il brano di oggi) e poi, a seguire, la venuta degli astrologi, la fuga in Egitto, la strage dei bambini a Betlemme, il ritorno a Nazareth. Per intenderci, tutti i brani che ascolteremo durante il tempo natalizio, insieme a quelli di Luca.

Il brano che stiamo per leggere è precisamente quello in cui si intende spiegare l’origine di Gesù Cristo. Quale era il problema sotteso? La chiusa della genealogia recita: “Giacobbe fu il padre di Giuseppe, marito di Maria, da cui nacque Gesù, chiamato Cristo”. Per Matteo è acquisito, dunque, che Gesù sia stato concepito verginalmente da Maria, ma come può ancora considerarsi discendente di Davide, se Giuseppe, di stirpe davidica, non ha avuto parte nella sua generazione? Il brano di Matteo 1, 18-25 intende rispondere a questa domanda per affermare che Giuseppe accoglie Maria nella sua casa e riconosce legalmente il figlio, imponendogli il nome con autorità paterna. Il collegamento con Abramo e Davide risulta così dimostrato ed è assicurata la discendenza, sia pure fuori dai vincoli di sangue. Gesù si inserisce nella discendenza di Davide che è l’anticipazione del Messia per via della potenza creatrice dello Spirito. Del resto già il profeta Isaia (7,14) aveva preannunziato la cosa: “La vergine concepirà e darà alla luce un figlio,; si chiamerà Emmanuele, che vuol dire Dio-con_noi” (Mt 1, 23).

Sono tre i protagonisti di questa pagina che aiutano a strutturarla per coglierne il senso recondito, al di là dell’essere costruita secondo quello schema miracolistico degli annunzi di personaggi-chiave nella Bibbia, come nel caso di Mosè. Il primo protagonista è Giuseppe, il secondo è Maria, il terzo, invisibile e decisivo è lo Spirito.

Giuseppe è una figura affascinante, ancorché di basso profilo. E’ per definizione l’anti-personaggio. Tutto in lui sembra congiurare per annullarne la personalità. Ma non bisogna farsi condizionare dalle prime impressioni. Si tratta di un uomo autentico, di un maschio vero, di un adulto maturo, di un educatore credibile. Il testo si limita descriverlo come “uomo timorato di Dio” che fa il paio con l’affermazione più usuale che egli è un ‘uomo giusto’, ma dietro questa annotazione c’è il dramma e il coraggio di Giuseppe. Come può Giuseppe credere nella rettitudine e nella fedeltà se, in base a tutto quanto gli dice il suo intelletto, la donna che egli più ama deve essere considerata infedele? Che cosa resta di vivo e affidabile nelle relazioni umane se sono possibili cose del genere? L’incertezza insinuatasi nel cuore non sarà mai placata. Giuseppe si vede assillato fin dalle sue notti e tormentato fin nei suoi sogni. Anche noi come Giuseppe siamo divisi tra il linguaggio del desiderio e la logica della ragione. E se per una volta il linguaggio del cuore fosse meno fallace di quello dei sensi? Si inserisce qui il sogno che è un modo per attingere la realtà in una forma diversa, rispetto al semplice istinto o alla pura razionalità. Il senso di questo momento è di spingere Giuseppe a non licenziare Maria, ma a concederle fiducia, oltre ogni umana ragionevolezza. Cosa succede quando appare un angelo? E’ l’immagine di un’energia che non si lascia afferrare, che non si lascia fissare e che tuttavia vive nella nostra anima. Vi è qualcosa da vedere che solo il cuore riesce ad intuire e ciò che la purezza del sentimento, la forza della fiducia, la poesia dei sogni ci dicono riguardo ad un’altra persona, al nostro fianco è infinitamente più vero persino della testimonianza dei sensi, persino della logica dell’intelletto e delle sue leggi. Giuseppe rappresenta non solo la giustizia, ma anche la fede che va oltre le impressioni e le informazioni solo materiali.

Di Maria il brano lascia cogliere la sua destinazione: “promessa sposa di Giuseppe” e la sua condizione: “il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”. Non parla Maria, né spiega la sua esperienza. Semplicemente si lascia travolgere dalla forza dello Spirito e vive questa dinamica di amore che non poteva presagire.

Infine, c’è lo Spirito che non viene descritto, ma del quale si coglie la presenza e l’azione nel concepimento verginale. Lo Spirito è una forma per dire Dio e la sua azione preveniente che scardina le leggi della natura e sovverte il solito tran tran della quotidianità. E’ il terzo protagonista della storia dell’amore tra Maria e Giuseppe che è all’origine del Figlio.

Spunti di meditazione

Giuseppe ci insegna a confidare nella fiducia che si nutre nell’altro come la segreta energia dell’amore. Non basta la passione fisica, la consonanza psicologica, l’affinità elettiva. Decide il grado di affidamento che sappiamo maturare.

Maria ci lascia intuire che l’amore è un’azione passiva, cui non resistere, ma solo assecondare, pur correndo dei rischi di incomprensione e di mortificazione. Ci sono tante situazioni in cui diventa difficile esprimere quello che si sta vivendo, ma ciò non toglie che si sappia andare avanti.

Infine, lo Spirito ci dice dell’amore che non dipende da noi, che è prima di noi. E per fortuna dopo di noi. L’amore è il segreto motore della vita e Dio ne è il tenace interprete. L’amore è più che un sentimento: è la forza che lega insieme il tutto, il nodo che ci stringe, il cielo che ci sovrasta, ciò che ci determina, ci toglie la libertà, ma ci dà senso, ci eleva, nutre la nostra più profonda sostanza di essere umani transitori, così attaccati alla vita, così amanti… Come nella mitologia dove poteva accadere che gli stessi dei s’innamorassero di noi.

Sono questi i temi del Meeting che andremo a vivere ad Amatrice dal 6 all’8 gennaio prossimi. La posta in gioco è “Solo l’amore” per ribadire che questa esperienza è quella che fa la differenza sempre, in ogni situazione, e dentro ogni condizionamento.

La tre giorni sarà una full immersion sull’amore a partire da quello che si respira nell’aria. Oggi la stessa idea dell’amore rischia di essere derubricata ad un sogno impossibile che non si concilia con le statistiche che affermano una tendenziale crescita degli individui isolati. I single maschi o femmine che siano sono la gran parte. Lo si è visto anche nel terremoto. La gran parte delle richieste di moduli abitativi ha a che fare con persone singole. Le famiglie sono in decrescita. “L’amore prima di noi”, potrebbe essere il titolo del 6 gennaio. Cioè capire quello che sta accadendo nel nostro immaginario rispetto a questa esperienza. Una volta i miti dell’Olimpo greco servivano a creare i riferimenti. Le frecce di Cupido spiegavano questa ferita dolorosa dell’eros che quando colpisce immobilizza e sembra non lasciare alcun varco. Oggi l’immaginario è deserto. Come si ricava da Erik Gandini nel suo film “La teoria svedese dell’amore”. Tutto nasce da una riflessione sul manifesto proposto dal parlamento svedese nel 1972: “La famiglia del futuro”. Il concetto è che ogni relazione umana autentica si basa sull’indipendenza; una donna dal marito, gli adolescenti dai genitori, gli anziani dai figli. L’indipendenza però limita i contatti e le interazioni:: così metà della popolazione vive sola, sempre più donne diventano madri single, con l’inseminazione artificiale. Perché una vita sicura e protetta può rivelarsi tanto insoddisfacente? In realtà, una vita priva di problemi non è necessariamente una vita felice. Giuseppe non ha avuto da attraversare una sfida semplice, ma ‘giusto’ qual era non si è fatto mettere all’angolo dalle difficoltà e si è posto con matura audacia al servizio dell’intuizione che aveva di Maria, di cui aveva fiducia.

“L’amore nel concreto” potrebbe essere la seconda giornata del 7 gennaio, per cogliere sia l’opzione del matrimonio e della famiglia, sia quella della verginità. L’audacia di questa proposta è uscire dall’amore come esperienza paralizzante e generica e farla diventare un progetto maturo e responsabile. Non è vero che basta inseguire i propri stati d’animo per sentirsi bene. Noi si cresce se resta intatta la nostra biografia attraverso una coerenza del percorso che rafforza e non debilita le nostre certezze relazionali. Se Giuseppe rappresenta la fiducia oltre ogni umana e ragionevole considerazione, Maria è per noi l’intreccio di questa singolare antinomia: madre e vergine. Sembrerebbe non stare in piedi: o si è l’uno o l’altra. E invece sta insieme perché nell’uno e nell’altro caso, il segreto è la libertà di Maria che si consegna a Dio e all’uomo e diventa feconda.

Infine, “l’amore dopo di noi” spinge a guardare oltre l’immediatezza e ad interrogarci sul domani a partire da quello che è il nostro contesto, le macerie, le fatiche di oggi. Ne parleremo con gente come Pif e Benedetta Tobagi. L’amore come nel caso di Giuseppe e di Maria non è una storia adolescenziale a due, ma una storia che lascia traccia e che crea la continuità con l’albero genealogico di prima. La forza dell’amore è trascinare dietro di sé il mondo e non starsene fuori dal mondo. Anche la politica, cioè l’amore per il bene comune, può essere una forma di dedizione e di responsabilità che fa uscire dalle angustie di un privato annoiato e borghese. Anche qui Maria e Giuseppe introducono la novità nel figlio, destinata a sconvolgere il mondo, a spaccarlo in due, come le due metà di una mela.

Natale. L’amore prende casa. Anche a noi è chiesto di sostare a lungo davanti al presepe. Per ritrovare quello che Tommaso da Celano scrive a proposito della notte di Natale del 1223: “il santo aveva risuscitato nel cuore degli astanti quell’amore verso Dio e verso il prossimo che sembrava morto”. L’augurio è che anche a noi accada così.