La domenica andando alla messa

Introduzione all'Incontro Pastorale
06-09-2019

“La domenica” è il titolo di questo nostro appuntamento. Senza abusare dei diritti d’autore, vorrei una volta tanto allungare il titolo con quello di una famosa canzone degli anni ’70: “La domenica andando alla messa”. Tutte e tre le parole servono a chiarire la questione che non è soltanto la domenica e neanche semplicemente la Messa. Tantomeno solo l’andare che questo giorno evoca. In realtà, soltanto le tre cose insieme fanno la vita cristiana.

La domenica. Non è un giorno qualsiasi, ma l’identità del cristiano. Come è noto il cristianesimo ha ereditato dal giudaismo la struttura settimanale, così come l’Islam ha proseguito questa tradizione accogliendo la stessa scansione temporale. Tutti i figli di Abramo si attengono, perciò, a tale struttura fondamentale del tempo. Per il cristiano la domenica è ‘il primo giorno’; per il musulmano è il venerdì ‘il giorno dell’assemblea’; per l’ebreo, infine, il sabato è ‘il giorno del riposo’. Dobbiamo tornare alla domenica come ‘il primo giorno’ e non l’ultimo (come nella vulgata del week-end), il giorno, cioè, in cui tutto comincia. Perché come scrive F. Rosenzweig: “Il cristiano è in eterno un uomo che comincia; compiere e terminare non è affar suo: se l’inizio è buono tutto è buono. Questa è l’eterna giovinezza del cristiano; davvero ogni cristiano vive ancora oggi il suo cristianesimo, come se egli fosse il primo cristiano”.

Andando è la seconda parola. Qui il verbo al gerundio ci spinge a considerare il tempo della domenica non come qualcosa di statico, ripetitivo, abitudinario, ma come qualcosa di dinamico, originale e, soprattutto, libero. La domenica è il giorno in cui ci sentiamo liberi di vivere senza sottostare al ritmo consueto del lavoro e degli obblighi e ritrovare così quella sensazione di decidere di noi, che ossigena la vita. Oggi più che mai la fede cristiana deve riscoprirsi come una scelta libera e non un obbligo. Se riduciamo la domenica ad un precetto l’abbiamo già privata del suo scopo che è semmai di ritrovare la dimensione del festeggiare. Sono tre le cose cui invita papa Francesco nella Evangelii gaudium: evangelizzare, festeggiare fruttificare. Quest’anno ci fermiamo sul festeggiare perché abbiamo perso la capacità di fare festa insieme, di provare insieme il piacere di stare con Dio e con la comunità, nella lode e nel ringraziamento. Si capisce che non basta suonare le campane perché la festa cominci. Anche se senza le campane la festa non parte. E’ necessario che la comunità abbia una serie di relazioni giocate nel quotidiano e che alla domenica ci si ritrovi insieme per fare “scorta” di voglia di vivere, di sperare, di combattere, cioè, in altre parole: fede, speranza, carità.

Alla Messa. Siamo finalmente al cuore del giorno del Signore. La cosa sorprendente è che nonostante la crisi, la Messa resta il luogo di maggiore partecipazione della gente. Non c’è evento ecclesiale, iniziativa caritativa, fatto comunitario che sia in grado di produrre appartenenza come la Messa. Il problema è che per molti dei partecipanti l’iniziazione è ancora e solo quella della prima comunione, la qual cosa è francamente poco rispetto a quello che si sta celebrando. Ciò nonostante permane una curiosità e una nostalgia che sono sufficienti a motivare l’ingresso in chiesa, a condizione che ci sia non solo un prete, ma una comunità, piccola o grande che sia. La Messa è un dono che viene dall’alto, che apre all’incontro con Dio attraverso la Parola e il Pane e chiede che si allestisca insieme la sala. Questa è la sfida di una liturgia che torni ad essere popolare, gioiosa e sobria.

In conclusione, se si ritrova il ritmo del tempo, se cresce la libertà di scelta, se la comunità diventa ospitale, la domenica edifica la chiesa e testimonia la fede. Per questo la domenica è sempre stato il criterio per identificare il cristiano. Come drammaticamente accade ai nostri giorni: ricordate gli attentati dello scorso 21 aprile nello Sri Lanka? Era il giorno di Pasqua e alla Messa delle 8.45 sono stati uccisi 290 cristiani e feriti oltre 500.

A noi qui e ora tocca – in un mutato contesto e in altro tempo – verificare la consistenza delle parole dei Martiri Scillitani, che replicando al proconsole Felice, hanno lasciato scritto: ”Non sai, dunque, o Satana, che il cristiano trova il suo fondamento nell’eucaristia domenicale e l’eucaristia domenicale nel cristiano così che l’uno non può sussistere senza l’altro? Quando senti il nome di cristiano, sappi che si riunisce con i fratelli davanti al Signore e, quando senti parlare di riunione, riconosci in essa il nome di cristiano”.

Il prof. Andrea Grillo che è padre di Margherita e di Giovanni Battista ed insegna teologia dei sacramenti e filosofia della religione a Roma, al Pontificio Ateneo S. Anselmo, è con noi per aiutarci ad entrare dentro la domenica, con la quale sta o cade la fede.