Omelia della II domenica del Tempo ordinario

Is 49, 3.5-6; 1 Cor 1, 1-3; Gv 1, 29-34
15-01-2017

«Vedendo Gesù venire verso di lui». Siamo abituati a pensare che è sempre da noi che parte la ricerca di Dio. Spesso ci sembra lontano, impalpabile, irreale. E invece è proprio il giovane rabbi di Nazareth che va incontro al Battista. Si muove incontro e diventa una domanda pungente che provoca il battezzatore che lo attendeva da sempre.

Non che corrisponda alla sua attesa. Anzi, si manifesta in una forma del tutto contraria. Quasi come uno dei tanti peccatori che sono in fila per purificarsi. Di qui si impara che Dio sta sempre sulle nostre strade, ma non si impone con l’evidenza di una prova schiacciante che ci obbliga ad accettarlo, ma piuttosto con l’imprevedibilità dell’esistenza che ci mette a soqquadro e chiede un sussulto di fiducia. Non solo, ci costringe a rivedere luoghi comuni, pregiudizi e presunte certezze con le quali andiamo avanti in modo automatico, perdendo quello che la vita è nella sua drammatica ed esaltante bellezza. Passare dal conoscere al ri-conoscere Gesù è il cammino della fede. A parole sappiamo chi è, ma nei fatti stentiamo a riconoscerlo per quello che è. Così fa Giovanni che doveva conoscere Gesù, ma ora va oltre i dati immediati e coglie al di là del nome e del volto, la sua segreta identità.

«Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo». Così lo identifica il Battista. Ed è quanto basta per imparare a credere. Anzitutto, quell’innocua particella «Ecco» che dice di una presenza che irrompe e si fa strada tra le pieghe della vita. Non è uno qualsiasi, è un uomo diverso da tutti gli altri. E la preposizione dice dello stupore e dello spaesamento che sempre suscita Dio quando ce ne accorgiamo. Lo abbiamo ridotto qualche volta ad una dottrina, ma è una persona che ci spiazza. Mai separare Lui dal suo messaggio. È dal contatto diretto con Lui che tutto scaturisce. L’Agnello di Dio evoca tutta una serie di reminiscenze bibliche che dicono insieme della mitezza e della forza di Gesù. L’agnello è la quintessenza della mansuetudine e del sacrificio. Dio è così. Non si impone, ma si offre e si mette nelle nostre mani. Possiamo credergli o rifiutarlo. Lodarlo o bestemmiarlo.

Infine, «che toglie il peccato del mondo», al singolare rileva la missione dell’agnello che è quello di sradicare il male. Non siamo abituati a riconoscere il nostro peccato. Tutt’al più ci accontentiamo di vaghi sensi di colpa. Ma il mondo è squassato dal disamore che porta solo sofferenza. Stando con lui siamo liberati da quello che ci appesantisce. Signore fa che ti ri-conosciamo e non solo conosciamo!