Fissare gli occhi su di Lui

Omelia in occasione della Messa del Crisma
05-04-2023

Carissimi fratelli Presbiteri,

carissimi fratelli e sorelle tutti!

Dio solo conosce la trepidazione che mi assale nel celebrare questa Messa crismale, la prima come Vescovo e come vostro Vescovo. Forse avrei preferito, come negli anni passati, sedere nei banchi del presbiterio accanto ai confratelli, lasciarmi afferrare dall’ebbrezza del rito, sentirmi rivolgere le domande dal mio Vescovo nel rinnovare le promesse fatte il giorno della mia ordinazione, sostenuto, nella mia pochezza, dal sentirmi in concordata con altri fratelli con i quali afferri oggi più degli altri giorni il mistero che accomuna e accompagna oltre ogni diversità. Avrei voluto ricevere le ampolle degli oli consacrati da portare nella mia parrocchia e additarli alla mia gente come il segreto della presenza salvifica del Signore.

E invece, consapevole del dono e della responsabilità che mi è stata chiesta col nuovo ministero che meno di tre mesi fa ho ricevuto proprio qui, in mezzo a voi, in questa nostra Cattedrale, avvinto dal dono di Dio, vorrei invitare tutti, fratelli e sorelle, popolo santo di Dio che sei in Rieti, voi presbiteri in modo particolare, con i diaconi, i religiosi e le religiose, a guardare non certo me, ma assieme a me, Colui che nella fede riconosciamo come il Messia, l’Unto del Signore, il Cristo. È lui “Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre” (Ap. 1, 5-6).

Sì, fissare gli occhi su di Lui è il primo e più grande dono che ci viene fatto. Non anzitutto uno sforzo o un compito sproporzionato per le nostre fragili forze ma un dono, una possibilità sempre nuova che pur ripetuta nel tempo possiede una novità verginale ogni volta che accade. Gli occhi fissi su di Lui, su Colui che è ancora oggi il nostro Giubileo e il nostro Giubilo, Colui che ci ha sedotti senza mai abbandonarci, nonostante i nostri tradimenti e rinnegamenti che all’ingrosso e al dettaglio forse superano persino quelli di Pietro e di Giuda eppure, colti anche noi dal dono inatteso della Sua misericordia che sempre e daccapo ci fa nuovi nel cuore e nella vita.

Avvertiamo che questo messaggio di liberazione che echeggia dalla sinagoga di Nazareth (cfr. Lc. 4,16-19) attraversa pure le nostre vite e giunge a noi, senza pericolo di contraffazione e di scadenza, col solo desiderio di essere accolto. Beati noi se prima ancora di riconoscerci annunciatori per gli altri di questi messaggi di liberazione sapremo avere l’umiltà di saperci ancora poveri, ciechi, schiavi, afflitti, col cuore spezzato … Sì, caro popolo santo di Dio, cari fratelli come me ministri del Signore, quante povertà ci attraversano e talvolta diventano piede d’inciampo per tanti, per i semplici e i poveri! Quante volte il Vangelo di Gesù, questa bellissima notizia che è Lui, che ha il volto e il nome dolcissimo di Gesù, riceve sfratto dalle nostre vite! Abbiamo inventato modi delicati per farlo, abbiamo le nostre comfort zone con magari alcune “sacre interruzioni” e poi la vita scorre scialba come se non avessimo mai incontrato Cristo o quasi.

Ecco perché abbiamo bisogno di riceverle come dono quelle parole “made in Nazareth” perché, pur nella consuetudine del nostro vivere, vengono a ridarci le motivazione più profonde che hanno la radice, il senso, il significato e il compimento solo in Gesù Cristo. Ammettiamo di aver bisogno noi per primi di quelle parole così antiche e così nuove, così amate e desiderate, così lontane eppure così vicine, parole che mettono dinanzi ad una visione nuova, di un tempo di giustizia, di misericordia, di gioia, di bellezza. Questa visione viene e matura solo mettendoci insieme dinanzi a Gesù. Oggi il Signore quelle parole le rinnova per noi, in modo particolare per noi ministri del Signore, servi del Vangelo e di questo popolo che ci è affidato per condurlo con gioia sui sentieri del Regno, per avvertire il compito di essere sempre e comunque indicatori stradali, non verso le nostre strade ma verso le Sue, capaci di fermarci solo quando la carità verso i fratelli ce lo chiede, specie verso i più fragili, che talvolta hanno il volto di un nostro confratello, di una nostra consorella, di un fratello o sorella di comunità.

Da questo sguardo fisso su di Lui, dunque, può ripartire il compito comunitario di fissare il volto degli altri, di tutti gli altri senza esclusioni. Quanti poveri, quanti prigionieri, quanti oppressi! È una turba sterminata. Ci si sente impotenti e non raramente ci diciamo, come i discepoli prima della moltiplicazione dei pani e dei pesci, constatando il poco che abbiamo e siamo: “Ma che cos’è questo per tanta gente?” (Gv. 6,9).  Probabilmente dinanzi ai sogni di speranza e di gioia che Dio ci affida per traghettarli come Chiesa in questa storia, in questo tempo, in questo nostro territorio oltremodo ferito, potremmo mostrarci rinunciatari … eppure solo tenendo fisso lo sguardo su Gesù, consapevoli del grande dono della nostra vocazione, avvertiremo la forza di quell’Olio con cui tutti quanti siamo stati crismati per annunciare ancora le opere meravigliose di Colui che ci ha trasferiti dalle tenebre nel suo regno di luce gloriosa. Solo così i sogni di Dio continueranno a verdeggiare e i sogni dei poveri, degli infelici, dei delusi dalla vita si faranno veri. È Gesù l’anno di Grazia del Signore, sempre a noi contemporaneo, capace di soffiare negli inferi della nostra umanità confusa e non felice, disorientata dalla crisi economica e più ancora dai venti gelidi della guerra pagata a caro prezzo nella carne martoriata e dimenticata dei più piccoli, dinanzi ad una indifferenza globalizzata …

Cari fratelli e sorelle, permettetemi di rivolgere un pensiero speciale ai miei fratelli presbiteri. Io vostro Vescovo, che per età, per molti di voi, sono fratello più piccolo ma per ministero chiamato misteriosamente dal Signore ad esservi padre, desidero dirvi grazie e, guardandovi negli occhi uno ad uno, voglio dirvi “ti voglio bene”. Grazie fratelli presbiteri per il vostro zelo, per il vostro adoperarvi per il Signore e per il bene della gente che vi è affidata. Grazie per il che avete detto nelle mani del vostro Vescovo pochi o tanti anni fa e che oggi rinnovate nelle mie povere mani che diventano quasi segno delle tenere e forti mani di Dio che tutti e tutto custodisce. Sì, nelle mani di Dio oggi rinnovate il vostro Sì e, statene certi, Lui per primo si riconsegna nelle vostre mani. Un augurio e un pensiero speciale per don Benedetto che celebra quest’anno il suo 50° anniversario come pure a don Zdenek, a p. Orazio e don Joachim per il loro 25°. Un pensiero altrettanto speciale va ai diaconi Vincenzo e Maurizio nella preparazione alla loro ordinazione presbiterale. E intanto non smettiamo di pregare per nuove vocazioni! A tutti vien chiesto, anche a dispetto degli anni che passano, pur dentro le contraddizioni di un mondo che segue ormai ostinatamente le sue vie e pare indifferente davanti ad ogni proposta evangelica, viene chiesto di non smettere di ungere con i santi Oli che fra poco consacreremo le vite e le storie di quanti ci sono affidati. Se non dimenticheremo mai quanto è buono con noi il Signore avremo la gioia di indugiare nell’ungere i corpi dei poveri e dei poveracci (e tutti quanti lo siamo!) con un olio che allevia e solleva, ridà forza per lottare e sostenere la prova, apre il cielo a vie di coraggio e speranza contro ogni disperazione e tristezza.

Grazie ancora miei cari fratelli presbiteri! Sentiamoci parte di un’unica famiglia, camminiamo di più insieme. Credo fermamente che il segno più grande che questa Chiesa reatina attende soprattutto da noi suoi ministri sta nel camminare più speditamente insieme, in comunione. E non per una scelta tattica (perché siamo pochi o da soli non ce la facciamo …), ma anzitutto perché insieme ci ha pensato il Signore. Non diversamente! Vi chiedo di avere sempre più gli uni verso gli altri sentimenti di stima, di amicizia e anche di perdono; ciò che predichiamo agli altri sia più vissuto anzitutto tra di noi. È lo stesso Signore che in ore e luoghi diversi ci ha chiamato a lavorare nella vigna pur sapendo che non è nostra ma solo Sua e a noi è dato l’impagabile onore di lavorare per Lui.

E voi cari fratelli e sorelle, vogliate bene a noi ministri di Cristo, perdonateci se talvolta non traspare immediatamente la nostra consonanza con i gusti, i sogni e le scelte di Dio. Ungete di comprensione e di fraternità la nostra vita, la nostra solitudine perché vi assicuriamo di provare un indistruttibile amore per il nostro Signore e per la Sua Chiesa che ci affida a voi come servi premurosi, a tempo pieno.

Voi fratelli e sorelle laici, parte importante e preziosa di questo corpo crismato che è la Chiesa continuate con più consapevolezza a edificare insieme con noi ministri del Signore le comunità parrocchiali come famiglia di Dio senza fuggire le responsabilità nella vita sociale. Più e prima ancora delle vostre realtà di appartenenza guardate alla Chiesa come vostra Madre, aiutatela ad essere Madre anche oltre i suoi confini e attraverso di voi possa arrivare a tutti, specie dove il dolore e la mancanza di speranza cercano di soffocare la gioia e la felicità che Dio desidera per ciascuno dei suoi figli. Soprattutto voi famiglie aiutate le nostre comunità ad acquistare un maggiore sapore domestico, famigliare, scevro da forme e sovrastrutture, essenziale, povero anche,  perché faccia meglio a tutti giungere il messaggio di liberazione e di speranza del Vangelo di Gesù, nostro unico amore.

Grazie a voi religiosi e religiose per la vostra testimonianza. Continuate a mostrarci con la vita l’Assoluto del Regno che viene.

E voi diaconi ricordate a questa Chiesa, a cominciare dal Vescovo, che o siamo una Chiesa serva oppure non siamo.

Coraggio Chiesa di Rieti! Camminiamo con gioia e speranza in questo tempo sinodale che il Santo Padre chiede a tutta la Chiesa. Viviamo questi giorni santi e, più ancora, tutta la vita con gli occhi fissi su Gesù.

Come vostro pastore, padre e fratello vorrei affidarvi una certezza: fissando davvero Lui- anche quando il nostro sguardo sarà purtroppo altrove- Lui da voi non allontanerà mai lo sguardo. Mai, fosse anche dall’alto della croce. Ve lo assicuro.

Buon Triduo pasquale a tutti!

+ don Vito