Esequie di don Daniele Muzi

Lunedì dell’Angelo (At 2,14.22b-33; Sl 16, Mt 28,8-15)
18-04-2022

«Abbandonato in fretta il sepolcro con timore gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai discepoli». La mattina di Pasqua è tutta una corsa. Le donne corrono e, al seguito, i discepoli si mettono in movimento. Anche d. Daniele è stato uno che non è mai stato fermo. Anche se dal 1960 è stato stabilmente qui a Corvaro, non si è mai fermato e ha camminato per il mondo. I suoi pellegrinaggi in Terra Santa, a Lourdes, a Fatima, sono stati innumerevoli e sempre con un apprezzamento generale da parte dei partecipanti per quel mix di giovialità e di profondità che emanava la sua persona. E’ stato qui però che tutti hanno scoperto un prete, “senza smancerie” e “senza distrazioni”. “Senza smancerie” perché d. Daniele era di Nesce e, dunque, era un uomo asciutto, come il suo fisico, che non lasciava spazio al superfluo. Non era un commerciante che accontentava, ma piuttosto uno che provocava e, all’occorrenza, irritava. “Senza distrazioni”, poi, perché si è sempre interessato ai problemi della gente. In particolare, si preoccupava del lavoro che coincise con la costruzione della Roma/L’Aquila, di cui condivise gioie e dolori.

«Allora Gesù disse loro: Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea; là mi vedranno». A differenza dell’angelo che invita le donne ad andare dai discepoli, qui il Risorto fa riferimento ai fratelli in quanto tali e indica un luogo preciso: la Galilea. Non si tratta solo di un riferimento fisico, ma simbolico. La Galilea è il luogo del primo incontro con i suoi: dove è stato conosciuto, ascoltato, toccato. L’impostazione educativa di d. Daniele è stata concreta, favorendo spazi di aggregazione come il teatro con cui ha accompagnato intere generazioni di giovani ed adulti. Il suo tratto gentile, ma fermo, ne hanno fatto un vero “padre”, anche quando non era più parroco.

«Dite così; i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo». La bugia che i soldati, istigati dai sacerdoti, confezionano per non ammettere la resurrezione è affermare che il suo corpo è stato trafugato dai suoi. La diceria si diffonde, ma non cessa di essere patetica oltre che controproducente. La verità è una cosa e la diceria è un’altra. D. Daniele è stato uno che è andato al sodo e non ha mai inseguito le chiacchiere che non mancano mai. Era uno che parlava volentieri, ma mai a vuoto. Non si perdeva in chiacchiere e sempre si concentrava su quello che era importante per Borgorose e per la chiesa.

Siamo qui tutti insieme a dirgli grazie perché è stato non soltanto l’uomo della parola, ma è stato anche un “uomo di parola”. A lui si riferiscono alla perfezione le parole del Salmo, quasi fossero il suo ritratto: «Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene. Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita». Amen.