Esequie di Antonio Fontanella Sindaco di Amatrice

Sabato della quinta settimana di Quaresima (Ez 37,21-28; Ger 31,10-12b.13; Gv 11,45-56)
27-03-2021

Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione”. Le parole di Caifa lasciano senza fiato per il loro apparente cinismo. Possono essere intese, infatti, in senso banale, e cioè, dal momento che i romani sorvegliano i minimi gesti del popolo, eliminiamo Gesù in modo che non succeda uno scandalo durante la festa che provocherebbe immediatamente l’intervento armato, cioè una strage. Ma possono essere lette anche come una profezia su Israele che è diviso e disperso. Ma grazie al sacrificio di Gesù sulla croce troverà pace, come profetizzato da Ezechiele: “Farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d’Israele, un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni”. Questo è quel che la Parola di Dio, alla vigilia della grande settimana della Pasqua, ci lascia intuire. Ma che cosa dice a noi che siamo qui a piangere la morte improvvisa di Antonio Fontanella, il sindaco di Amatrice?

Dice che Tonino – come affettuosamente veniva chiamato – si è offerto per questa terra, fino all’estremo sacrificio. Nessuno può negare, infatti, che il tarlo quotidiano, l’impegno costante, la passione divorante della sua vita è stata Amatrice e la sua rinascita. Non a caso, il male l’ha colpito proprio quando stava per avviare il processo di ricostruzione del centro storico e che lunedì prossimo – alla presenza del Commissario Legnini oggi assente per impegni inderogabili – sarà finalmente varato.

Un’altra cosa va detta e, cioè, che l’unità del popolo richiede sempre un prezzo da pagare. Qui non si tratta di fare di ‘Maciste’, un ‘supereroe’. La sua intelligenza libera e la sua ironia sorniona non lo consentirebbero. L’eroismo qui è di chi attende senza disperare, di chi si impegna senza aspettare tutto dall’alto, di chi continua a vivere e non soltanto a lasciarsi vivere. Ma certo il Sindaco è stato la calamita che ha accompagnato questo processo di resistenza e lo ha orientato con vigore.

C’è un’ultima cosa. Alla fine chi guida un popolo non è mai l’uno o l’altro, una fazione contro l’altra, ma soltanto un bene più alto, il “bene comune”. Non dimentichiamolo nel prossimo futuro per non incappare nella celebre invettiva di Dante che fece l’Italia ben prima della sua unità politica: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta”. Il “nocchiero” di Amatrice può essere soltanto una comunità coesa e non divisa, una visione comune e non una guerra tra poveri. Come l’aveva sempre immaginata nei suoi plastici il papà di Antonio, Costantino. La visione artistica del papà, trasfusa nel cuore del figlio, torni ad ispirare i nostri passi e ad illuminare i nostri cuori!