Consiglio spirituale dopo il rosario: «Se muore la pietà viene meno anche la nostra identità più profonda»

Breve meditazione del vescovo dopo il rosario in diretta streaming dalla cappella della Madonna del Popolo nei giorni del Covid-19
26-05-2020

Tra i sette doni dello Spirito santo, prima del timor di Dio, c’è la pietà, che istintivamente suona alle nostre orecchie come stucchevole, come quando qualcuno dice di provare pietà per un altro, la qual cosa suscita in chi viene compatito giusta irritazione. Nella tradizione antica la pietas è l’insieme dei doveri che ciascuno ha sia verso gli altri sia verso i genitori e di cui Enea – che fugge dall’incendio di Troia col padre Anchise e il figlio Ascanio – è il simbolo. A differenza di Ulisse, però, che voleva distinguersi dal resto del gruppo ed aveva un ruolo di capo-eroe, Enea mostra di inseguire un successo meno solitario e, nello stesso tempo, più faticoso e doloroso. Incarna quel detto, secondo cui camminare da solo fa andare più veloce, ma andare insieme conduce più lontano.

La pietà rispetto alla semplice pietas evidenzia il legame vissuto tra noi e Dio, in altre parole, l’amicizia spirituale che suscita la gratitudine e la lode. Quando lo Spirito Santo ci fa percepire la presenza del Signore, infatti, ci riscalda il cuore e ci muove alla preghiera. Si tratta di un peculiare sguardo sulla realtà che intenerisce e rende sensibili, provando a indentificarsi con quello che cade sotto il nostro sguardo. E tale sguardo va dalla natura che diventa non una cava di pietre, ma l’ambiente vitale in cui siamo immersi fino all’umanità in carne ed ossa. Quanta strada faremo nella vita dipende dalla nostra tenerezza con i giovani, dalla nostra compassione per i vecchi, dalla nostra simpatia per chi lotta, e dalla nostra tolleranza per i deboli e per i forti, perché un giorno saremo stati tutto questo.

Oggi la perdita dei legami che ci uniscono alimenta un senso di orfanezza e perciò di grande vuoto e solitudine. La mancanza di contatto fisico va cauterizzando i nostri cuori, facendo perdere ad essi la capacità della tenerezza e dello stupore, della pietà e della compassione. Ce ne siamo resi conto, nostro malgrado, in questo tempo di pandemia: abbiamo il bisogno di tornare a guardarci in viso, a toccarci e sostenerci perché senza questa vicinanza ci sentiamo male. Quando finalmente potremo tornare a stare a contatto con gli altri, non dimentichiamo che se muore la pietà vien meno anche la nostra identità spirituale.