Consiglio spirituale dopo il rosario: «avere un padre è la radice della libertà»

Breve meditazione del vescovo dopo il rosario in diretta streaming dalla cappella della Madonna del Popolo nei giorni del Covid-19
14-04-2020

Stasera vorrei chiudere con una favola, la più amata dagli italiani e non solo, approfittando del fatto che nel 2020 cade il 130° anniversario della morte di Carlo Collodi, che scrisse “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”. Pinocchio originariamente fu definito “una bambinata” perché scritto, di malavoglia e pubblicato su un “Giornale per i bambini”, a puntate irregolari e interrotto due volte, la prima con la convinzione di concluderlo per sempre. E invece è l’unico libro uscito in Italia dopo l’Unità che abbia avuto un successo mondiale.

Pare, peraltro, che la prima versione della storia del burattino più famoso finisse con la morte di Pinocchio per impiccagione da parte del Gatto e la Volpe. Successivamente, in seguito alle proteste dei lettori, il giornale convinse Collodi a continuare la storia. E così si arrivò al finale che tutti conosciamo in cui Pinocchio diventa un bambino vero. Come lo aveva sempre immaginato Geppetto che sin dall’inizio sorprendentemente lo chiama figlio. Geppetto è la chiave per un’interpretazione addirittura teologica della favola. Pinocchio oltre al Gatto e alla Volpe, se la vedrà con l’Omino che è il più pericoloso di tutti perché il più mellifluo e soltanto alla fine riuscirà a liberarsi nel teatro delle marionette dal temibile Mangiafuoco. A differenza delle altre marionette di legno, Pinocchio, infatti, è l’unico ad avere un padre e questo è la radice della sua libertà. Il rapporto tra Geppetto e Pinocchio, tra padre e figlio, è pieno di colpi di scena e soggetto ad un capovolgimento nella parte finale dove è Pinocchio che si carica sulle spalle il vecchio padre, e a nuoto lo porta in salvo. Come Enea con Anchise.

È questo legame il segreto della libertà. Così come Dio Padre è la radice della nostra libertà.