Azione liturgica del Venerdì Santo

(Is 52, 13-53, 12; Sl 31; Eb 4, 14-16; 5, 7-9; Gv 18, 1-19, 42)
15-04-2022

L’azione liturgica del Venerdì santo riserva al IV Vangelo la narrazione della passione di Gesù Cristo che si differenzia per un approccio ben diverso rispetto ai Sinottici. Questi sono segnati da una insistenza dolorifica che tende a rimarcare della passione gli elementi più tragici e truculenti. Per contro, l’evangelista Giovanni si fa interprete di una visione “altra” che evidenzia la “gloria” del Figlio che si incammina lucidamente incontro alla sua passione, morte e resurrezione. Delle 11 scene evocate dal racconto ce ne sono tre che colpiscono per la loro dimensione di autorivelazione.

La prima è la scena ambientata nel giardino (non nell’orto degli ulivi, dunque) dove il Maestro attende l’arrivo dei suoi oppositori capeggiati da Giuda e li sfida dicendo loro: “Sono io”, che è l’autodefinizione di JHWH. Da qui si ricava la libertà di Gesù che non si presenta come uno che subisce gli eventi, ma uno che li sceglie.

La seconda scena è quella di Pilato che espone alla folla Gesù e aggiunge: “Ecco l’uomo”. L’evangelista giova sempre sul doppio senso. Il procuratore romano non sta dicendo semplicemente: “Ecco il problema”, ma “Ecco la questione”. L’uomo non è un caso, ma è il senso dell’universo su cui Dio ha posto il suo sguardo. E’ lui Gesù la misura dell’umano e della realtà.

La terza e ultima scena è quella sotto la croce in cui è evocata la Madre, che viene invece sottaciuta dai Sinottici. L’affidamento al “discepolo amato” (non prediletto, stando al testo greco), nel senso che Gesù ama tutti, ma Giovanni ne è consapevole a differenza di altri, lascia intuire il senso della chiesa che è madre. Il fatto che Maria sia tra le cose più preziose di Giovanni sta a dire che la chiesa è qualcosa di essenziale per poter incontrare Cristo che non a caso si preoccupa di affidare Giovanni alla Madre e la Madre a Giovanni.