Ascensione del Signore: «Qualche volta, basta sollevare lo sguardo»

Amatrice, Messa in onore della Madonna della Filetta (At 1, 1-11; Sl 46; Ef 1, 17-23; Mt 28, 16-20)
24-05-2020

Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato”. Il testo di Matteo non fa riferimento all’ascensione di Gesù, ma la suppone nel momento in cui i discepoli si danno appuntamento sul monte che è il luogo dell’incontro con Dio. Salire sul monte è faticoso, ma giunti sulla vetta il cuore si libera delle scorie della valle. Qualche volta, basta sollevare lo sguardo in direzione dei monti della Laga e immediatamente si ritrova un orizzonte vasto, distogliendolo dal cratere che è… Amatrice, dopo quasi 4 anni. Chi crede, però, non si accoda alle lamentazioni ed evita i due errori che fanno – stando al testo degli Atti – i discepoli di Gesù, i quali sono curiosi di sapere ‘quando’ e se ne stanno con il naso all’insù in attesa che qualcosa magicamente accada sulle loro teste.

Chi non se ne sta fermo, ma sale in alto, pur nella fatica, acquista una leggerezza che lo conduce poi una volta ridisceso ad affrontare il quotidiano con ben altro spirito rispetto a chi vuol ‘curiosare’ sul futuro e se ne sta in attesa di quel che dovrebbe accadere. Questo è il punto: la fede mentre ci allarga il cuore ci fa concentrare sul presente, chiedendoci di fare tutto quello che è possibile “qui e ora”. Questo è il senso dell’invito del Maestro: “Andate in tutto il mondo… insegnando… tutto ciò che vi ho comandato”. Si tratta di in-segnare, cioè porre dei segni che possano di nuovo comprensibile quello che è il nostro territorio che è senza punti di orientamento, Tra i segni che come comunità siamo chiamati a realizzare tutti insieme c’è sicuramente lo spazio nel quale ci troviamo e cioè la Casa del futuro che è ispirata alla “Laudato sì” di cui oggi ricorre il quinto anniversario dalla pubblicazione. E poi l’ospedale e il centro multisale. Sono tutti ‘segni’ che tradotti in pratica, ci fanno ritrovare fiducia e camminare insieme incontro al futuro.

Per non restare travolti dalla ricostruzione non basta affidarsi alla propria buona volontà, ma affidarsi alla promessa del Risorto: “Io sono con voi fino alla fine del mondo”. Queste parole non sono una garanzia, ma una promessa. E sono ben diverse da quelle altre che potremmo dire noi: “Dio è con noi” (come in modo blasfemo recitava il motto nazista e come si legge ancora oggi sul dollaro americano!). Dire “Io sono con voi” è differente rispetto a dire “Dio è con noi”. Questa non è più la promessa di un Altro a cui ci si affida ogni giorno, ma affermazione umana che fonda una pratica arrogante e aggressiva. Si richiede di decentrarsi, di farsi da parte e di sperimentare che l’altro e gli altri vengono prima e comunque insieme a me. Come ci ha insegnato la vicenda del Coronavirus che ci ha resi più fragili, ma anche più consapevoli di dipendere gli uni dagli altri.