Ascensione del Signore

(At 1, 1-11; Ef 1, 17-23; Lc 24, 46-53)
29-05-2022

Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni…”. Sono queste le ultime parole attribuite a Gesù, secondo il libro degli Atti che – come è noto – comincia dove finisce il vangelo di Luca. Prima di sottrarsi allo sguardo interrogativo dei suoi, il Maestro assicura una forma di presenza ancora più pervasiva che donerà la forza ai suoi amici confusi e divisi. Ma cosa è la forza, anzi la fortezza? E, ancor prima, perché essere forti? La fortezza, beninteso, non ha a che fare con muscoli o sostanze dopanti. E’ indispensabile per vivere, visto che nella condizione umana, il positivo cammina con il tragico, il nascere si accompagna al morire, il piacere al dolore. La fortezza allora, è l’energia per affrontare le contrarietà. Per questo, la forza dello Spirito è oggi la qualità più necessaria. Anche per raccogliere alcune domande che si fanno strada in un tempo incerto e confuso.

La prima domanda è: perché siamo diventati meno ribelli e più tolleranti, più spenti? Non sarà che sotto certe apparenze da ‘acqua cheta’ si nasconde, in realtà, un ottundimento dei sensi? Non è che a forza di saturare tutti i nostri bisogni, abbiamo finito per spegnere anche i nostri desideri? Lo forza dello Spirito di Gesù, fortunatamente, non lascia in pace, stana da comodità pigre ed isolanti, spinge a sentirsi inappagati, insoddisfatti, affamati perché “non di solo pane vive l’uomo”.

La seconda domanda è: perché oggi siamo meno “graffiati”, ma più “feriti”? La nostra generazione, al netto del Covid e della guerra, è sicuramente in salute e meglio curata, con un’aspettativa di vita che si allunga sempre di più. E, tuttavia, c’è tanta gente che è “ferita dentro”, ha subito traumi interiori, vive una schizofrenia tra “dentro” e “fuori”, insomma è disorientata. Lo Spirito di Gesù allarga il nostro mondo interiore ed orienta il nostro mondo esteriore. Perché Gesù – come detto nella lettera agli Ebrei – è la “via vivente” che traccia il cammino, sottraendolo alla dispersione e alla confusione.

Infine, la terza domanda è: perché oggi siamo meno felici e più buoni? Lo si vede soprattutto tra i più giovani: sono più buoni di noi. Ma anche più tristi. Perché? Perché senza il cielo, senza Dio, la terra rischia di essere piatta, senza orizzonte e, dunque, priva di senso. Solo la fede garantisce quella pienezza di vita che evita di sprofondare nella disperazione.

La vera domanda, infatti, che resta sospesa non è quella di chi si chiede ansiosamente: “Che mondo lasceremo ai nostri figli?”. Ma un’altra più insidiosa: “A che figli lasceremo il nostro mondo?”.

Introduzione all’atto penitenziale

L’Ascensione di Gesù al cielo è un evento piuttosto singolare. Perché mai far festa per uno che se ne va? Perché esultare per chi scompare definitivamente dal nostro orizzonte? In realtà, più che un “addio”, l’Ascensione rappresenta un “invio”. E, infatti, i suoi discepoli “tornano a Gerusalemme con grande gioia”, dopo che Gesù li ha inviati e benedetti. Non è andato oltre le nubi, ma oltre le forme: se prima era ‘con’ i discepoli, ora sarà ‘dentro’ di loro. Per accorgersene però occorrono i sensi spirituali. A partire dall’ascolto. Ascoltare, dunque, “con l’orecchio del cuore”, come suggerisce papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali. Come ascolto abitualmente: con l’orecchio del cuore o con l’orecchio… da mercante?