Una Cattedrale gremita. Un silenzio che non è vuoto, ma gravido di riconoscenza. Un respiro corale che si fa preghiera. Questa sera, nel cuore di Rieti, la Chiesa diocesana si è raccolta intorno al vescovo Vito per celebrare l’Eucaristia in suffragio del Santo Padre Francesco, scomparso il 21 aprile scorso. Insieme al vescovo, nel transetto, i sacerdoti e i diaconi della diocesi: un’immagine di comunione che ha reso visibile quella fraternità sacerdotale che papa Francesco ha sempre auspicato, non come ideale astratto, ma come concreta forma di prossimità.
«La Parola di Dio è sempre provvidenziale», ha ricordato il vescovo nell’omelia, lasciando che il senso della celebrazione emergesse da due pagine pasquali: i discepoli di Emmaus e lo storpio alla porta del tempio. Due immagini di un’umanità che attende e vacilla, finché non si sente raggiunta e rialzata. «Il Risorto consola e ristora, scuote e rimette in cammino», ha detto monsignor Vito. E in questo cammino, Francesco è stato pellegrino e guida.
Il pastore venuto «dall’altra parte del mondo», ha vissuto il Vangelo con radicalità, prediligendo i piccoli e i poveri, non per inclinazione sociologica, ma per fedeltà teologica: «La Chiesa non può non fare così, perché Dio fa così». Il suo magistero – ha sottolineato il vescovo – non è passato tanto per le parole, quanto per i gesti. Gesti spesso “controcorrente”, talvolta “non capiti”, proprio come quelli di Gesù. Eppure eloquenti: nel modo in cui ha accarezzato, benedetto, incoraggiato. Fino alla soglia dell’eternità, varcata – ha osservato monsignor Vito – «nell’anno giubilare, nella settimana più santa e gioiosa: l’Ottava di Pasqua».
Nelle sue ultime parole rivolte al mondo, nel messaggio Urbi et Orbi, Francesco aveva scritto che la vita ha vinto la morte «in un prodigioso duello», e che la certezza della resurrezione può illuminare anche le notti più buie. Parole che il vescovo ha detto di aver accolto con consolazione: «Anche per me, in questo momento molto triste. Ma consapevole che è Cristo, e non altri, l’Alfa e l’Omega della vita e della storia».
Un pensiero particolare è andato alle quattro visite che il Papa ha voluto compiere nella diocesi di Rieti, da Amatrice alla Valle Santa, nel segno della vicinanza e dell’incarnazione. Un legame che si è fatto gesto tangibile, come nell’ultimo messaggio, autografato e donato alla diocesi lo scorso 29 marzo, in occasione del Pellegrinaggio Giubilare, nel quale esortava a testimoniare l’amore verso i più fragili: un amore «che come fiamma viva dona forza al cammino della vita».
Ma c’è anche un dolore non detto, che accompagna il cuore del celebrante: «Una tristezza – ha confidato il vescovo – che penso si sia portato nel Regno di luce, nel vedere troppi focolai di guerra, ingiustizie che bruciano i poveri, ovunque essi siano, anche quando arrivano alle nostre terre».
L’invito è allora ad accogliere tutto il messaggio di Francesco, «non solo una parte»: anche le parole scomode, quelle sui migranti, sui detenuti, sul riarmo. L’Eucaristia – ha ricordato – non è per gli “arrivati” ma per chi, come i discepoli di Emmaus, ha bisogno che gli siano aperti gli occhi. «Anche noi – ha detto – vogliamo fare memoria grata di chi, come papa Francesco, non ha trattenuto per sé la vita, ma l’ha spezzata e donata fino all’ultimo respiro».
Nell’omelia è tornata una frase semplice e potente: «Alzati e cammina». È ciò che Pietro e Giovanni dicono allo storpio nel libro degli Atti. È ciò che oggi la Chiesa sente rivolto a sé. È ciò che il vescovo ha detto a ciascuno dei presenti. Come un lascito, come una consegna: vivere da risorti. Perché solo così, ha concluso, «speriamo che pure la nostra vita non sarà stata vana».
In chiusura della celebrazione, il vescovo Vito ha rivolto un invito alla comunità diocesana: vivere i giorni che precedono il conclave con un’intensità di preghiera capace di oltrepassare le logiche mondane e le tentazioni del chiacchiericcio. «Altrimenti – ha ammonito – diventiamo anche noi amanti dei diversi gossip. Ma la Chiesa, grazie a Dio, non è questo». Ha esortato a un tempo di silenzio e adorazione, indicando nella serata di domani – dalle 18 alle 21 in Cattedrale – un’occasione concreta per sostare davanti al Santissimo, affidando al Signore il discernimento dei cardinali.
Ha ricordato inoltre che parteciperà ai funerali del Papa, previsti per sabato, insieme ad altri rappresentanti della diocesi. Ma ha chiesto che tutta la Chiesa reatina accompagni questi giorni con uno spirito di fede profondo, perché «coloro che saranno chiamati a scegliere possano farlo sotto l’azione dello Spirito, riconoscendo colui che il Signore ha pensato». Un appello semplice e fermo, per restare saldi nella preghiera mentre la Chiesa si prepara a scrivere una nuova pagina.