Maria del Popolo. Il popolo di Maria

Nella sera luminosa dell’ultima domenica di maggio, le pietre antiche della Cattedrale di Rieti si sono riempite di voci, canti, passi. Una processione breve, compressa tra due piazze per via dei cantieri che segnano il centro storico, ma carica del passo lento e tenace della fede. È tornata la festa della Madonna del Popolo, che da secoli accompagna la città e ne custodisce la speranza.

La celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo Vito Piccinonna, ha dato inizio al rito. Poi la sacra immagine della Madonna – quell’affresco che da secoli abita silenziosa una cappella a sinistra dell’altare nel transetto della Cattedrale – è uscita di nuovo all’aperto, accolta da uno sguardo collettivo. Non c’erano le vie del centro, ma bastava la piazza: bastava la gente.

Nell’omelia, il vescovo ha preso le mosse dal Vangelo di Giovanni, là dove Gesù promette lo Spirito ai suoi: “Non sia turbato il vostro cuore”. Un invito disarmante, che don Vito ha fatto risuonare come parola rivolta a noi oggi, in un tempo «davvero molto difficile, per tanti versi». Un tempo – ha ricordato – in cui non possiamo chiudere gli occhi: «Il cristiano vede le opacità della storia», ha detto, evocando con voce ferma le notizie atroci di guerra che giungono anche in queste ore: «Come si fa a celebrare l’Eucaristia a cuor leggero mentre si consumano queste tragedie? Pensiamo forse che le nostre devozioni possano supplire una carenza di umanità sotto gli occhi di tutti?».
Eppure proprio l’Eucaristia, ha insistito, «ci inquieta, ci invita a vedere la storia con lo sguardo del Crocifisso risorto». Un Dio che – come ricordano i profeti – “abita in mezzo al suo popolo”, ma che prima ancora ha dimorato nel grembo di Maria. «Lei è il primo santuario. Lei è la vera basilica. Dio ha dimorato nel grembo di una donna, di una madre».

Da qui l’invito a vivere la festa come qualcosa di più profondo che una semplice consuetudine cittadina. «Abbiamo bisogno della Madre – ha detto il vescovo – perché nessuno come lei ci riporta a Gesù. Lei ci indica Lui, via, verità e vita». Anche il breve cammino successivo alla celebrazione – la processione attorno alle piazze e il Rosario in piazza Battisti – è stato presentato come immagine del pellegrinaggio cristiano: «Noi siamo quel popolo incamminato verso la Gerusalemme celeste. Sappiamo di non avere qui le nostre radici. Il cristiano ha le radici in cielo».

Un cielo che non è evasione, ma prospettiva concreta, responsabilità. Perché se il mondo continua a chiamare “pace” guerre sempre più sofisticate, noi non possiamo smettere di domandare la vera pace, quella che – dice Gesù – “non è come la dà il mondo”. Da qui l’appello conclusivo: «Chiediamo al Signore, chiediamo a Maria, di accompagnare il cammino della nostra Chiesa diocesana, della nostra città, delle nostre comunità. Perché possano sentire non solo la benedizione di Dio, ma anche quei compiti a casa che il Signore affida alla nostra coscienza per la costruzione di una società diversa».

In fondo, in quella cappella silenziosa della Cattedrale, Maria continua a vegliare. Non come icona lontana, ma come madre concreta, che cammina con il popolo. E che, in una sera di maggio, ha ancora una volta attraversato la piazza per ricordarci che Dio – davvero – vuole abitare tra noi.