Una pioggia lenta e insistente ha accompagnato l’ultimo saluto a mons. Luigi Aquilini, celebrato nella mattinata di martedì 29 luglio nella frazione amatriciana di Ferrazza. Le esequie, presiedute dal vescovo Vito, si sono svolte all’«Iconetta», la struttura prefabbricata realizzata dallo stesso mons. Aquilini dopo il terremoto del 2016. Uno spazio pensato per non interrompere la vita liturgica e comunitaria, in attesa che l’antico santuario dell’Icona Passatora – ferito dal sisma – possa tornare a ospitare i fedeli.
La piccola chiesa provvisoria non è però riuscita a contenere i tanti giunti a rendere omaggio al sacerdote scomparso nella notte tra il 25 e il 26 luglio, a 93 anni. Una vita lunga, segnata dalla dedizione alla Chiesa e alla sua terra. E un sacerdozio vicino ai settant’anni – «avrebbe celebrato il prossimo anniversario nel gennaio del 2026», ha ricordato il vescovo – durante i quali molti hanno ricevuto da lui conforto, consiglio, aiuto.
Tutti si sono ritrovati per accompagnare questo uomo di Dio all’incontro con il Signore, con gratitudine per la sua fedeltà e la sua tenacia. Luigi Aquilini è stato sacerdote nel cuore, nell’anima, nelle mani. Ha vissuto il ministero con umiltà e determinazione. Non ha mai cercato onori, ma è stato riferimento per intere generazioni di fedeli e di sacerdoti.
Figura solida e operosa, mons. Aquilini ha attraversato decenni di storia diocesana con discrezione e rigore, assumendo incarichi delicati – tra cui quello di pro-vicario generale – e rimanendo sempre profondamente legato alla montagna, alla sua gente, alla semplicità delle relazioni vere. Il legame con il Corpo degli Alpini – presenti con una loro rappresentanza – è solo uno dei segni di questa connessione profonda con il territorio montano del Centro Italia .
Aveva uno sguardo largo e insieme concreto, don Luigi. Come ha ricordato il vescovo, la sua vita teneva insieme «La poesia, la letteratura, la passione per la cultura», ma anche «la sua anima contadina», accrescendo «un amore per la sua terra che voleva sempre meglio conoscere e fare conoscere». E poi, mons. Aquilini non si è risparmiato neppure nei giorni duri del terremoto: è stato presente, sollecito, capace di sostenere e incoraggiare. La sua vicinanza alle persone e la sua azione a favore del recupero dei beni ecclesiastici colpiti dal sisma sono state instancabili.
Nel silenzio rotto dalla pioggia, il rito si è compiuto in semplicità e raccoglimento. La sua comunità – quella di origine, quella ecclesiale, quella umana – si è stretta in preghiera. Don Luigi ha «scalato la cima più alta», come ha detto qualcuno all’uscita della celebrazione. Quella cima che, al di là delle fatiche e delle salite terrene, conduce infine al cielo.

