Il Risorto cammina ancora con noi

Quando la luce del giorno comincia a cedere il passo alla sera, la Pasqua sembra tornare alle sue radici più profonde: non come evento eclatante, ma come presenza discreta, capace di illuminare i cuori nel momento più fragile della giornata. È accaduto così, nel tardo pomeriggio di domenica 20 aprile, nella Cattedrale di Rieti. Mentre fuori la luce iniziava a scemare, dentro la basilica il vescovo Vito celebrava l’Eucaristia del giorno di Pasqua, portando a compimento il ciclo delle liturgie cominciate la domenica delle Palme.

Nell’omelia, il racconto dei discepoli di Emmaus è diventato chiave interpretativa della Pasqua. Non solo come memoria di un fatto accaduto “al terzo giorno”, ma come esperienza che si rinnova, nel presente, ogni volta che qualcuno si scopre raggiunto da una presenza che non impone, ma cammina accanto.

«Vorrei augurare a ciascuno di noi – ha detto il Vescovo – di riconoscere in questo viandante divino la compagnia paziente che Dio continua a offrire. Anche nei giorni in cui lo sguardo è basso e il cuore spento». La sua parola ha scavato nei sentimenti più ordinari – stanchezza, delusione, scoraggiamento – per mostrare che proprio lì, come accadde a Cleopa e all’altro discepolo, può accendersi una luce.

Non è una luce teatrale, né consolazione rapida. È la forza che nasce dall’ascolto e dal gesto semplice del pane spezzato. «Gesù – ha ricordato il Vescovo – non si manifesta nel pane, ma nel pane spezzato». Ed è in quel gesto che la comunità pasquale ritrova la sua forma: parola ascoltata, pane condiviso, vita da donare.

Come già nella veglia della notte, anche in questa celebrazione il cuore del messaggio non è tanto in un annuncio proclamato, quanto in un incontro che cambia la traiettoria. Non si resta a Emmaus. Non si trattiene il Risorto per sé. La gioia pasquale è chiamata a rimettersi in cammino, a ripercorrere la strada a ritroso per raggiungere i fratelli. «Il tempo che noi viviamo – ha spiegato mons. Vito – non è il tempo per godere Dio qui. È il tempo per andare verso la comunità e testimoniare con tutti che è davvero risorto».

Il gesto di Cristo che “sparisce dalla vista” dopo la frazione del pane non è un’assenza, ma un invito. Non c’è bisogno di vederlo per sapere che è vivo: basta amare i fratelli. È questo – ha detto ancora il Vescovo – il segno della risurrezione. Non un entusiasmo da coltivare in privato, ma una vita che si piega verso l’altro con gratuità.

Fuori, al termine della celebrazione, il giorno volge al termine. Ma la domanda dei discepoli resta come eco e preghiera: «Resta con noi, Signore, perché si fa sera». Una supplica che non viene da una paura, ma da una consapevolezza. Quella di un mondo che ha bisogno di luce vera, e di cristiani capaci di custodirla come fuoco nel cuore.