Il coraggio delle ferite: a Contigliano il secondo incontro di formazione degli operatori pastorali

Quando si parla di ferite, ci si aspetta silenzi e pudore. Ieri, al Centro pastorale di Contigliano, si è respirato invece un clima diverso: quello di una comunità disposta a guardarsi dentro, a mettersi in gioco nel segno della sincerità.

È stato nel secondo incontro del ciclo di formazione triennale per gli operatori pastorali della diocesi. Un cammino iniziato lo scorso anno sulla vita interiore e ora centrato sulle dinamiche umane, affidato – come il precedente – alla guida di padre Gaetano Piccolo.

Dopo un breve momento di preghiera, il vescovo Vito ha introdotto la giornata invitando tutti a «viverla con profondità, come un’occasione per ripartire dalla propria umanità, senza paura delle zone d’ombra», annunciando anche le prossime tappe del percorso e spronando a una partecipazione che non sia episodica, ma ecclesiale.

Il tema di questo incontro – “Mi sono fatto male: riconoscere le proprie ferite” – ha incrociato in modo naturale la Giornata Mondiale dei Poveri, richiamando la presenza di numerosi operatori Caritas accanto a chi lavora nella catechesi, nella liturgia, nel ministero ordinato.

«Siamo tutti vulnerabili – ha esordito padre Piccolo – e questa non è un’accusa, ma una verità di partenza. Il punto è cosa ne facciamo: se lasciamo che ci blocchino, o se le portiamo davanti a Dio». Nel lungo intervento che ha preceduto il lavoro di gruppo, il gesuita ha alternato riferimenti biblici, frammenti di psicologia e immagini evocative, insistendo sull’importanza di dare un nome ai propri dolori: «Se non sappiamo dirci da cosa siamo stati feriti, continueremo a reagire in modo difensivo, a volte distruttivo. È responsabilità spirituale prenderci cura delle nostre cicatrici».

L’esperienza proposta ha rispecchiato il metodo: niente teorie astratte, ma venti minuti di condivisione silenziosa in piccoli gruppi, dove chi voleva poteva raccontare cosa aveva imparato dalle proprie ferite. «Ci si accorge – ha notato il relatore – che questo ci fa sentire meno soli, persino più liberi». Nessuno è così ferito da essere inutilizzabile: lo dice anche l’arte del kintsugi, quando ci mostra i cocci rimessi insieme con l’oro.

Nella seconda parte, il tema si è spostato sulla cura delle ferite altrui: un operatore pastorale – ha spiegato padre Piccolo – deve diventare un guaritore ferito. Non perché risolve tutto, ma perché sa di non essere intatto. Se non accetti la tua fragilità, rischi di curare gli altri con la durezza di chi è ancora respinto da se stesso.

A concludere, una storia: quella di un sasso scartato, poi scelto e scolpito per diventare il volto sorridente di un santo. «Nessuna vita è inutile – ha detto il gesuita –, e ogni ferita può diventare un sorriso per qualcuno».

Il cammino proseguirà il 18 gennaio con l’incontro “Adesso mi arrabbio: gestire il conflitto”. L’appuntamento è come sempre alle 16.00 al Centro pastorale di Contigliano.