Mons. Pompili ai medici: «Sacralità e qualità della vita sono la stessa cosa»

Incontro medici nel giorno di San Luca

“Fate meglio” avrebbe detto Giovanni XXIII ai medici del Fatebenefratelli! Penso a questo ‘magis’ per indicare la mia prospettiva rispetto alle tre cose che intendo condividere. Do’ per scontato l’impegno quotidiano, la fatica di un sistema come quello sanitario che si fa più complicato e insieme più fragile. Intuisco la difficoltà di essere sempre più voi stessi e sempre meno meri esecutori di procedure che tendono a rendere il rapporto con la malattia una serie di tecniche e sempre meno una serie di azione di cura. E tuttavia mi spingo a dirvi sulla base della mia esperienza tre attenzioni su cui insieme lavorare.

1. La prima è la medicina sa di terra

Ippocrate e Galeno nella cripta della Cattedrale di Anagni sono descritti l’uno di fronte all’altro. Stranamente nel contesto della descrizione dell’origine del macrocosmo che, secondo le teorie platoniche ed aristoteliche, si fa risalire ai 4 elementi (terra, aria, acqua, e fuoco) si fa riferimento al microcosmo che è l’uomo. Esso viene interpretato ugualmente alla luce dei 4 elementi fondamentali .

Come è noto Ippocrate fu non solo un medico geniale, ma anche il primo a staccare l’arte medica dalle concezioni religiose e ad avere un approccio che metteva in evidenza il medico come professionista al servizio dell’ammalato. La sua pratica medica si basava sull’approccio diretto nei confronti del paziente, per individuarne le abitudini di vita, l’alimentazione, i sintomi. Determinante è la sua convinzione che la malattia irrompa per uno squilibrio tra l’uomo e l’ambiente, di cui gli umori sarebbero la controprova. Ecco perché nell’affresco di Anagni vengono descritte le diverse stagioni della vita umana e caratterizzate anche sotto il profilo psicologico: l’infanzia è sanguigna, l’adolescenza è collerica, la gioventù è melanconica, l’anzianità è rallentata. Galeno è un allievo che arriva diversi secolo dopo e riprende la convinzione che la malattia insorga a causa di un cattivo equilibrio tra i quattro liquidi corporei. La conclusione che si può ricavare è che l’uomo è dalla terra, homo da humus e quindi non bisogna mai dimenticare questa preliminare condizione di partenza. Se si dimentica questa concretezza si perde il senso della medicina che non è un’arte divinatoria né una tecnica farmacologica, ma ha a che fare con l’uomo, che è fatto di terra.

2. Il rapporto medico e paziente è la chiave di ogni terapia

Ripartire da questa precedenza dell’uomo di terra significa rimettere nel giusto alveo tutte le questioni di carattere organizzativo e aziendale che sono andate crescendo nel tempo. La specializzazione della medicina per un verso e la razionalizzazione del sistema sanitario sociale ha avuto effetti di gigantismo e di tecnicismo, che snaturano prima i medici e poi i pazienti.

Sono consapevole di quanto sia complicato essere medico oggi. Costretti entro maglie sempre più strette che non consentono di vivere come prima evidenza il rapporto col malato. D’altra parte se è da qui che bisogna ripartire per il rispetto dell’oggetto della scienza medica, giova ripetere quello che uno scienziato come Sydenham scriveva agli inizi della modernità: “.. andate al capezzale del malato, perché soltanto lì potrete imparare qualcosa delle malattie”.

Qui si inserisce il tema centrale del rapporto medico-paziente che va ritrovato, superando concezioni paternalistiche o contrattualistiche e lasciandoi ispirare da un approccio personalistico.

In questa relazione che è di empatia ci sono almeno due condizioni che vanno preservate: la qualità dell’accoglienza e della comunicazione e la interdisciplinarietà coi colleghi che va valorizzata.

3. La sacralità della vita è la qualità dell’esistenza che non può mai essere ad intermittenza

Non si dà opposizione tra sacralità e qualità della vita. Entrambe attestano una consapevolezza che la vita è intangibile, intoccabile, indisponibile. Questo principio coerentemente deve illuminare tutte le questioni dibattute oggi dall’aborto all’eutanasia e non per motivi religiosi, ma per il principio del rispetto che si deve ad ogni creatura, qualunque sia il suo stato di vita.

Giova riascoltare per chiudere le parole di papa Francesco ricevendo l’AMCI nazionale, a proposito di quella ‘falsa compassione’ che potrebbe essere la strada per avallare una serie di tragici errori.

Alla fine il medico resta “un uomo per tutti”. L’umanità dice la vostra competenza necessaria e il ‘per tutti’ sottolinea l’ampiezza del vostro compito.