C’è una soglia da attraversare. E non è solo quella della Sala degli Stemmi del Palazzo Papale, dove nel pomeriggio del 13 maggio è stato presentato il programma del Giugno Antoniano Reatino 2025. È la soglia simbolica che porta dal calendario degli eventi alla sostanza spirituale della festa. Quella che spinge a interrogarsi, come ha fatto padre Marcello Bonforte: «Cosa può fare un uomo solo?». La risposta, se si parla di sant’Antonio, è nella forza generativa della fede, capace ancora oggi di “attivare” persone, relazioni, territori. E farli risuonare.
La conferenza stampa si è aperta con la proiezione di un video, preludio visivo a un percorso che unisce devozione, cultura e festa popolare. Al tavolo dei relatori, il priore della Pia Unione Sant’Antonio di Padova, Alessandro Brunelli; il cappellano della Pia Unione, padre Marcello Bonforte; il vescovo di Rieti, mons. Vito Piccinonna. Con loro, le istituzioni civili e militari, che hanno espresso sostegno e collaborazione per una manifestazione che coinvolge l’intera città e richiama migliaia di persone.
Il Prefetto, rappresentato dal capo di gabinetto Mario Filice, ha sottolineato il valore dell’evento come momento di coesione e ha assicurato l’impegno sul fronte della sicurezza. Un ringraziamento condiviso anche dal sindaco Daniele Sinibaldi, che ha parlato di un’edizione «particolarmente significativa», in un momento storico che invita alla riflessione e alla riscoperta dello spirito comunitario: «Sant’Antonio non è il patrono della città, ma è il cuore pulsante della nostra devozione».
Accanto al Comune, anche Regione Lazio e Fondazione Varrone. Quest’ultima, rappresentata da Mario Santarelli, ha ribadito il sostegno a una tradizione che «celebra un santo sapiente e vicino, il santo delle piccole cose».
La parola più intensa è però toccata a mons. Vito Piccinonna, che ha inserito il Giugno Antoniano nel respiro ampio dell’Anno Giubilare e dell’ottavo centenario del Cantico delle Creature. «Non è solo un insieme di eventi – ha detto – ma una chiamata a benedire, a saper dire il bene». Il vescovo ha sottolineato il legame profondo tra Francesco e Antonio, tra Rieti e la speranza: «Siamo chiamati a riposizionare la vita, lo sguardo, le relazioni». Anche per questo ha annunciato la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria nei giorni chiave della festa – il 12, il 13 e il 29 giugno – sottolineando come la grazia giubilare sia «una proposta spirituale concreta, non un orpello».
Fra le novità, la “marcia della pace” in programma il 16 giugno: un gesto corale, senza bandiere, per rispondere con il silenzio del cammino all’invito del nuovo pontefice a essere artigiani di pace. «Dobbiamo esercitarci nella benedizione – ha aggiunto mons. Piccinonna – è un gesto che parte dalla parola, e cambia il modo di stare insieme. Antonio, con la sua lingua, ci insegna questo: saper bene dire».
Alla spiritualità profonda di queste parole ha fatto eco padre Marcello Bonforte, con un intervento denso, poetico e provocatorio. Il Giugno Antoniano, ha detto, è «il dono di una persona». E quella persona è Antonio, un uomo solo che ha saputo farsi eco di Cristo e, così facendo, ha generato comunione. «Tutti possiamo diventare diapason – ha spiegato – se viviamo come Antonio: di Gesù, con Gesù, per Gesù». Anche la liturgia, nella sua ricchezza, è una soglia da varcare: «I tanti eventi sono come pezzi di vetro colorato. Ma solo entrando dalla parte giusta, solo lasciandosi attraversare dalla luce, diventano vetrata».
Il programma della manifestazione – articolato in sezioni liturgiche, culturali e spettacolari – è stato illustrato da Alessandro Brunelli, che ha confermato alcune novità logistiche (tra cui la modifica dell’avvio della processione per via dei cantieri urbani) e ha espresso riconoscenza per il contributo dei tanti soggetti coinvolti. Non mancheranno, come ogni anno, i momenti di festa popolare, la Cena del Portatore, i concerti in piazza e le iniziative solidali, come le giornate dedicate alla salute in collaborazione con la ASL.
Ma il cuore resta quello evocato da padre Marcello e rilanciato dal vescovo Vito: un cuore che batte per Gesù, e invita ogni persona a interrogarsi sulla propria capacità di generare pace, giustizia, fraternità. Di essere, a sua volta, benedizione.
Alla fine, come sempre, ci sarà a Processione dei Ceri. Ma sarà solo la parte visibile di un cammino più profondo, che passa per il silenzio, per la scelta, per la soglia. E per quella luce che, se accolta, trasforma anche i frammenti sparsi in un disegno nuovo.

