«È il contrario di Babele, è il miracolo che l’umanità sempre attende: l’unità, ma nel rispetto della differenza di ciascuno». Indagando sul senso della solennità della Pentescoste, in occasione del 350° anniversario della fondazione della congregazione delle Oblate del Bambino Gesù, il vescovo Domenico è entrato nel merito di cosa impedisce di portare a compimento il profondo desiderio di unità dell’umanità, notando che «L’ultimo tentativo non riuscito si chiama globalizzazione». Un tentativo ingenuo, perché «avevamo pensato che tutto il mondo sarebbe diventato all’improvviso un unico villaggio».
A riportare con i piedi a terra ci ha pensato una serie di fatti dal 2000 in poi: «le torri gemelle, la crisi economica del 2008, la pandemia, adesso perfino la guerra, ci hanno fatto comprendere che questa unità non funziona perché era costruita solo sulla economia». Come a dire che a mancare è stato lo spirito, perché «non basta la materia se si vuole unire, anzi la materia da sola finisce per essere divisiva», come dimostra proprio la guerra, che si fa «sempre ed esclusivamente per ragioni economiche, e non per le altre ragioni che ci raccomandano e che ci propagandano».
Ma cosa vuol dire fare spazio allo spirito? Secondo il vescovo si tratta di superare un equivoco che anche il mondo moderno non è riuscito ad attraversare: «l’idea che il benessere si diffonda solo al crescere del Pil, che basti aumentare la ricchezza». Essa infatti non è sufficiente se «non cresce anche la ricchezza umana, cioè la qualità delle persone, ovvro, in concreto, dei bambini e delle bambine che sono il nostro potenziale sviluppo».
Ad essere necessaria è cioè l’educazione, e la presenza di tante religiose nella basilica, che in città sono profondamente legate alla scuola, ha portato il vescovo a riflettere proprio su questa dimensione, ricordando che occorre mettere insieme fedeltà e rinnovamento: «Siamo dentro un mondo che è cambiato, questi bambini sono degli smanettoni, sanno navigare molto meglio di noi: non si può semplicemente rimanere nel passato, ma neanche correre il rischio di sentirsi disorientati in questo mare magnum». Infatti l’educazione «ci è necessaria per fare da controcampo a questo mondo liquido», e la scuola «è anche oggi una straordinaria opportunità e va sostenuta, a differenza di quello che invece spesso accade. Non basta la produzione se non c’è l’educazione che passa attraverso delle relazioni».
Ma per educare non basta semplicemente imparare nuove nozioni. Il risultato non si ottiene «accumulando il sapere», ma «trovando in mezzo a questo guazzabuglio di notizie e informazioni un senso e un orientamento. Bene, allora, festeggiare Anna Moroni e Padre Cosimo, fondatori delle Suore Oblate: «in tempi lontani hanno compreso che l’educazione era decisiva». Il 2 luglio del 1672, con loro, «fu come una nuova Pentecoste, perché 12 ragazze che si misero insieme e diedero vita a una nuova stagione dell’evangelizzazione».

