Oggi la Chiesa fa memoria di Martino di Tours, vescovo (316 – 397).
Il padre, che era ufficiale dell’esercito romano, lo chiamò Martino, cioè piccolo Marte, dio della guerra. Non pensava che quel suo figlio, anziché per eroiche imprese belliche, sarebbe passato alla storia per un gesto di carità divenuto simbolo dell’amore cristiano per i poveri.
Martino, poco più che quindicenne, cavalcava, fiero della sua divisa, con il rosso mantello che il vento gelido dell’inverno scompigliava. All’improvviso sul ciglio della strada ecco comparirgli un poveraccio tremante, coperto di pochi stracci sbrindellati.
A quella vista il giovane Martino sguainò la spada, tagliò il proprio mantello in due e ne diede metà al povero. Quella stessa notte Martino vide in sogno Gesù avvolto in quel mezzo mantello che sorridente lo ringraziava. La leggenda racconta che a quel gesto di carità seguì un insolito mitigarsi del clima, che si perpetuò nel tempo diventando l’estate di san Martino.
A Poitiers fu ordinato sacerdote dal vescovo Ilario il quale gli offrì una casa a Ligugé che Martino trasformò in monastero. Ma nel 371 morì il santo vescovo Ilario, e la città di Tours non trovò nessuno meglio di Martino che potesse succedergli. E così Martino, soldato per forza, monaco per scelta, dovette fare il vescovo per dovere.
Padre Ezio Casella, direttore Ufficio Liturgico Diocesano
Immagine: “San Martino e il mendicante”, El Greco, 1597-1599, National Gallery of Art, Washington.