Perdono di Assisi (Poggio Bustone)

(Sir 24, 1-4. 16-21; Gal 4, 3-7; Lc 1, 26 – 33)
02-08-2022

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria”. Il testo celebre dell’annunciazione si apre con una notazione cronologica che colloca l’intero episodio nel quadro della gravidanza iniziata da Elisabetta, la “sterile”. Siamo “al sesto mese” del concepimento di Giovanni il Battista. Nel caso di Maria a differenza di Elisabetta che è sterile e avanti negli anni, siamo dinanzi ad una vergine che non conosce uomo. Dall’impossibilità a generare si passa a due concepimenti e a due nascite. Da una vergine, Maria, nasce un figlio, e segno di questa nascita è il figlio concepito da una sterile. Due situazione di morte che si convertono in un Natale impensabile. Il perdono è anzitutto un ribaltamento della vita che da morte viene risvegliata all’esistenza. Non ci si pensa mai abbastanza ma il peccato è mortale perché uccide la vita che è in noi e ci fa vegetare piuttosto che vivere realmente. La vita vegetativa è quella di chi si fa avanti senza consapevolezza e senza interiorità, ma completamente assorbito da superficialità e da esteriorità. E’ questo il peccato di fondo: vivere sempre all’esterno e mai dentro, sempre per l’occhio del pubblico e mai per quello di Dio.

L’angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai e lo chiamerai Gesù”. L’annuncio è chiaro: ciò che sta avvenendo viene da Dio. Dunque, la grazia non è il frutto di una nostra scelta, ma soltanto l’effetto di una chiamata di Dio. Così anche il perdono non nasce da noi che ci capacitiamo del nostro peccato, ma è Dio stesso che ci si fa incontro e cambia il nostro vissuto. Come accade per Zaccheo (Lc 18,15) quando Gesù entra nella sua casa. All’inizio c’è soltanto una curiosità dell’uomo corrotto che sente di essere intrigato dal giovane rabbi. Ma è soltanto quando Gesù si fa prossimo e lo guarda che Zaccheo vacilla e rientra in sé stesso. Gesù distingue nettamente tra peccato e peccatore. Il peccato lo detesta. Il peccatore lo accoglie. Noi facciamo esattamente il contrario: detestiamo i peccatori e accondiscendiamo al peccato. La festa del perdono consiste nell’incrociare lo sguardo del Crocifisso. Come Maria degli angeli ebbe ad incontrare l’angelo di Dio. Questa è l’indulgenza della Chiesa. Non una sorta di amnistia generale, ma un invito a scendere dal nostro piedistallo e a lasciarsi incontrare dal Maestro, senza indulgere ad autogiustificazioni e manifestando il nostro travaglio e il nostro desiderio di essere purificati. Scriveva Francesco ad un Ministro: “Non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quando è possibile peccare, che dopo aver visto i tuoi occhi non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo; che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli” (FF 235)