Omelia in occasione delle esequie di don Angel Jiménez Bello

Venerdì della III settimana di Pasqua (At 9,1-20; Sal 117; Gv 6,52-59)
10-05-2019

«Egli è lo strumento che ho scelto per me». Le parole attribuite a Gesù nella celebre visione sulla via di Damasco, ben si addicono oltre che all’apostolo Paolo anche a don Angel. Oggi possiamo dirlo: Angel è stato uno “strumento scelto” da Gesù; per noi è stato, infatti, come un ‘angelo’. Dalla notte tragica del terremoto quando trovandosi nella casa di riposo, aiutò a mettere in salvo numerosi anziani. Quella notte lo ha legato per sempre a questa terra. Dalle Ande peruviane ai Monti della Laga per don Angel, in effetti, il passo è stato breve e quasi spontaneo perché il suo desiderio era annunciare il Vangelo con la vita. E ce ne siamo accorti sia come parroco con il suo rigore, la sua intelligenza, la sua simpatia; sia come malato con la sua dignità, il suo coraggio, la sua delicatezza. Soltanto una volta ho visto il suo volto rigato dalle lacrime: è stato un attimo, quando ha compreso di dover essere trasferito dal San Camillo all’Hospice. Ma già quando vi è arrivato appariva di nuovo speranzoso e fiducioso. Da lui mai udite parole di autocompatimento, di aggressione per la sua imprevista condizione, mai una volta a piangersi addosso. Una volta sì ha esclamato:” Ma perché?… Con tutto quello che c’è da fare ad Amatrice!”. Angel non era un superman. Aveva, però, un suo mondo interiore, cui attingeva energia e fiducia, ben oltre l’umano. La sua fede non l’ha mai abbandonato. Ed è stato un prete fortemente dedicato al popolo a lui affidato, un autentico discepolo di d. Minozzi.

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Le parole del Maestro risuonano – oggi come ieri – quasi incomprensibili. Beati noi, se almeno non ci lasciano indifferenti! Come è possibile, infatti, vivere per sempre? E ancor prima, perché la vita se la morte beffarda può travolgerla in ogni momento, anche a trent’anni? La vicenda di Angel ci ha strappato all’improvviso dalla routine quotidiana, dalla ricostruzione che non parte, dalla convivenza che si è fatta più esigente. Non possiamo pensare ora di seppellire con lui, la sua speranza di vita. A questo proposito, in tanti hanno postato un’immagine di Angel ritratto nel bel mezzo di stupende montagne e ordinatissimi terrazzamenti. Quell’immagine è la sua consegna a noi: per ricordare che la vita è una promessa che dà le vertigini come il paesaggio andino; che l’atteggiamento giusto è quello del pastore che si dà da fare per accompagnare gli altri sui sentieri più alti; che il cielo terso e a volte nuvoloso è Dio che sembra allontanarsi e diventare invisibile, ma in realtà dietro le nubi Lui è sempre con noi. Come ora è con Angel che nel frattempo è diventato per noi un fratello maggiore che ci ha rubato il cuore.