Omelia in occasione della veglia di Pasqua

(Mc 16, 1-7)
31-03-2018

«Entrate nel sepolcro, videro un giovane». Chi sia questo giovane non è dato saperlo. Nell’economia del racconto, tuttavia, questa presenza vestita di bianco sta ad indicare che la Pasqua non è frutto di una scoperta o elaborazione umana, ma è rivelazione di Dio. Nessuno di noi, spontaneamente, riterrebbe per vera la resurrezione di Gesù se non fosse che questo fatto si impone grazie ad un annuncio. E tale annuncio viene proprio da un giovane. Solo chi è giovane, del resto, può provocare qualcosa di nuovo, sottrarsi alla ripetitività della vita, smarcarsi rispetto a quel “sano realismo” di noi adulti, che ci rende omologati e conformisti. Dai quindici ai trent’anni si gode non solo del massimo di potenza biologica, ma anche di quella ideativa. Giusto per intenderci: a tredici anni Mozart suonava già davanti al mondo, a ventuno Leopardi scriveva L’infinito, a ventiquattro Einstein scopriva la sua formula, per non parlare della giovane età di chi ha rivoluzionato il mondo con la Rete. Non sarà che la nostra società è così priva di vita proprio perché ha cancellato per errore la gioventù?

Conviene fare come le donne, per quanto spaventate: ascoltare chi è giovane. È che noi adulti non siamo abituati ad ascoltare i più piccoli: sin da quando bambini prestiamo poca attenzione ai loro scarabocchi, ai loro disegni, alle loro domande nella stagione dei “perché”. Fortunatamente le donne non hanno silenziato le loro domande e di buon mattino vanno al sepolcro. E il giovane risponde proprio a loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto. Non è qui». Se non è più nel sepolcro vuol dire che esiste dunque un “altrove” che allarga all’improvviso la nostra percezione della realtà. Credere è il segno di una rinnovata giovinezza per cui non ci arrendiamo al fatto che questa vita è la migliore possibile, e quindi non val la pena di cambiarla. Ma ci apriamo a questo annuncio che sposta “altrove”, cioè in Dio, il compimento della nostra esistenza.

Per questo il giovane dà un appuntamento alle donne: «Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete”». La Galilea non è un luogo geografico soltanto. È il luogo dove tutto era cominciato e da dove tutto riparte. Con una nuova consapevolezza però: è Dio che ci precede sempre. Come scrive papa Francesco: «Dio è giovane! Dio è l’Eterno che non ha tempo, ma è capace di rinnovare, ringiovanirsi continuamente e ringiovanire tutto». Per questo a Pasqua è lecito sperare, ben oltre le nostre limitate possibilità.