“Cercate di essere veramente giusti”. Omelia in occasione della 52esima Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani

Dt 16,18-20; Sl 82; Lc 4, 14-21
18-01-2019

«La giustizia e solo la giustizia seguirai, per poter vivere e possedere la terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti» (v.20). Nulla di ciò che chiamiamo cristianesimo è comprensibile senza far ricondurlo alle sue radici ebraiche. Lo si capisce soprattutto a proposito del Deuteronomio, cioè della seconda legge che chiude il Pentateuco. E’ un modo per attualizzare il comandamento di Dio nella nuova condizione della Terra Promessa, senza dimenticare l’esperienza passata: «Ricordati che sei stato schiavo in Egitto: osserva e metti in pratica queste leggi» (v. 13). Chi è stato schiavo, può dimenticarlo facilmente col trascorrere delle generazioni e nei momenti dell’abbondanza: per questo il libro del Deuteronomio insiste perché il popolo ebraico ricordi il tempo in cui ha patito e, in virtù di questo, sia grato della prosperità di cui gode, che è tutt’altro che scontata. Un richiamo valido anche per la nostra società che per quanto dentro la morsa della crisi economica ha dimenticato nella sua opulenza la povertà che l’avvolgeva soltanto fino a qualche decennio fa. Non dimenticare che si è vissuti nella miserie è l’unico modo che l’essere umano ha a disposizione per non dimenticare chi ancora ci vive. Ma si sa, il consumismo distrae e porta a pensare che il benessere sia un qualcosa di ovvio, che è sempre esistito. E se a pagare l’eccesso della nostra prosperità è la miseria dell’altro poco importa.

Noi, come occidente, abbiamo smarrito il senso dell’altro e continuiamo a ripiegarci su noi stessi, a rifugiarci nelle nostre sicurezze e quando anche soltanto percepiamo che qualcuno ha problemi che ci riguardano reagiamo infastiditi guardando dall’altra parte. E così finiamo per restringere il nostro orizzonte concentrandoci su quello che ci appartiene e che può giovare ai nostri interessi. Prima ci siamo noi. Poi gli altri, se ci scappa. Abbiamo dimenticato la povertà e, con essa, la gratitudine. E chi vive nell’abbondanza, quasi senza accorgersene, finisce con il divenirne schiavo.

Come cristiani abbiamo la necessità di diventare ‘veramente giusti’ in questo particolare frangente storico. La morte di 117 naufraghi in mezzo al mare è solo l’ultima notizia di cronaca che non va usata per fare polemica politica, ma per risvegliarsi alla giustizia. Un mondo che si barrica e chiude i porti e i ponti si illude di risolvere i problemi e dimentica da dove è venuto. Non basteranno le parole dei cristiani, ma i fatti concreti di ospitalità e di accoglienza per distinguere in un domani neanche troppo lontano chi dovrà essere annoverato tra i giusti e chi no.